Il fumo di sigarette rappresenta il più importante fattore di rischio nell’insorgenza del carcinoma del polmone e questo rischio trova un incremento nella quantità di sigarette fumate e nella durata dell’abitudine al fumo. Il fumo di tabacco, definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come “la prima causa di morte facilmente evitabile” è responsabile, ogni anno, nel mondo del decesso di 8 milioni di persone delle quali 900.000 soggetti “non fumatori” ammalati a causa del fumo passivo. Secondo il Ministero della Salute, in Italia, ogni anno i decessi relativi al fumo di sigarette sono oltre 80.000.
Nel 2019, secondo i dati forniti dall’ISTAT, i soggetti fumatori sono circa 10 milioni con una percentuale del 22.4% per gli uomini e del 14.7% per le donne con una prevalenza globale del 18.4%. Il fumo di tabacco risulta maggiormente diffuso nella fascia di età compresa tra i 20 e i 44 anni. Il consumo medio giornaliero è di circa 12 sigarette per soggetto, ma un quarto dei fumatori ne consuma oltre un pacchetto. Il rischio relativo per l’insorgenza di un tumore maligno del polmone dei soggetti fumatori rispetto ai “non fumatori” risulta aumentato di 14 volte e si incrementa ulteriormente a 20 volte nei forti fumatori (oltre 20 sigarette al giorno). La sospensione del fumo di sigaretta determina un importante riduzione del rischio. I soggetti “non fumatori”, in quanto esposti al fumo passivo, presentano un aumento del rischio relativo di sviluppare una neoplasia maligna del polmone nel corso della loro vita.
Il fumo prodotto dalla combustione del tabacco contiene circa 4 mila sostanze chimiche tra le quali sono inclusi almeno 200 veleni (DDT, arsenico, derivati del cianuro, formaldeide, ammoniaca, acetone, monossido di carbonio), numerose sostanze irritanti e cancerogene. Nel fumo sono anche presenti elementi radioattivi (isotopi radioattivi). Fumando 30 sigarette al giorno l’epitelio bronchiale viene esposto ad una dose di radiazioni equivalente a 300 radiografie del torace.
“Numerosi sono gli organi del nostro corpo danneggiati dal fumo di tabacco: i più colpiti sono l’apparato respiratorio e l’apparato cardio-vascolare – spiega il Professor Alberto Oliaro, membro del Comitato Scientifico dell’Associazione Prevenzione Tumori e Professore Ordinario i.q. di Chirurgia Toracica Università degli Studi di Torino -. Sono state identificate 27 malattie correlate con il fumo di tabacco in cui la gravità del danno fisico risulta direttamente correlato con l’entità complessiva del suo abuso. In particolare sono determinanti l’età di inizio del fumo di sigaretta, il numero di sigarette giornaliere, il numero di anni di fumo, l’inalazione più o meno profonda del fumo. Il fumo di sigarette risulta pertanto responsabile, oltre al tumore del polmone, bronchite cronica, enfisema polmonare e a malattie cardio-vascolari, anche di gravi patologie a carico della vescica, rene, pancreas, fegato, stomaco, esofago, cavità orale”.
Il fumo sta diventando un problema soprattutto femminile. Le donne iniziano a fumare sempre più in un numero superiore e sempre più in giovane età (11-12 anni) ed è stato osservato che il sesso femminile presenta un maggiore rischio di sviluppare un tumore del polmonerispetto agli uomini per una maggiore suscettibilità alle sostanze cancerogene del tabacco. “Le fumatrici che fanno uso anche di estro-progestinici possono incrementare ulteriormente il rischio di malattie coronariche e di trombosi venosa periferica. Altre patologie correlate al fumo nel soggetto femminile sono rappresentate da neoplasie dell’utero, leucemia mieloide acuta, neoplasie epatiche e del colon-retto, tumore della tiroide, tumore della mammella, alterazioni mestruali, ritardi nel concepimento e infertilità. E’ da sottolineare come il fumo sia responsabile nel 40% dei casi di distacco della placenta e come possa anticipare la menopausa di circa due anni” prosegue il Professor Oliaro.
Nonostante siano numerosi i farmaci e i metodi consigliati per cercare di smettere di fumare il risultato è spesso deludente in quanto il fumo di sigarette può essere considerato una patologia da dipendenza con meccanismi abbastanza simili a quelli di droghe pericolose come la cocaina e l’eroina. “La sindrome di astinenza da nicotina si manifesta già poche ore dopo la cessazione dal fumo e questo spiega la necessità per il fumatore di riprendere a fumare – spiega il Professor Oliaro-. Nel caso il soggetto riesca a mantenere tale volontà di non fumare, la sindrome di astinenza presenta un picco tra le 24 e le 48 ore e si mantiene per 3-4 settimane con un periodo veramente critico nei primi 3-4 giorni dopo la cessazione. A distanza di circa un mese la sintomatologia correlata all’astinenza comincia a decrescere fino a diventare tollerabile dopo una settimana e a scomparire del tutto in circa un mese anche se il bisogno compulsivo di assumere la nicotina, detto craving, dura più a lungo”.
In considerazione del fatto che la maggior parte dei pazienti portatori di una neoplasia polmonare giungono all’osservazione medica in uno stadio avanzato di malattia, i migliori risultati terapeutici si ottengono nei casi in cui la diagnosi è precoce e la malattia neoplastica in fase iniziale. Fondamentale risulta la prevenzione perché è unicamente attraverso questa strada che risulta possibile diagnosticare una neoplasia polmonare in fase iniziale che, operata in modo radicale, può consentire buone sopravvivenze a distanza. “La chirurgia può essere riservata ai pazienti con neoplasia polmonare sino allo stadio IIIA della classificazione TNM in quanto per i pazienti con una stadiazione maggiore trova indicazione la radioterapia, la chemioterapia, i farmaci a bersaglio molecolare. Si ribadisce l’importanza di una diagnosi precoce e di un’attività di prevenzione così come viene magistralmente attuata dall’Associazione Prevenzione Tumori di Torino”.
Qual è il segreto per invecchiare bene e in salute? Questo capitolo è dedicato ai nostri anziani che, molto spesso, sono alle prese con malattie multifattoriali e complesse che vanno ad intaccare la stagione della “terza età”. L’Oncologa Rosella Spadi del COES – Centro Oncologico Ematologico Subalpino della Città della Salute e della Scienza di Torino e Segretaria regionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) spiega il ruolo importante della prevenzione anche dopo i 65 anni.
Dottoressa, la prevenzione dei tumori è importante a tutte le età?
Assolutamente sì! Dobbiamo infatti considerare che il rischio reale di ciascuna persona di ammalarsi è dovuto ad una combinazione di elementi (multifattorialità del cancro), alcuni immodificabili, come età, sesso, patrimonio genetico, mentre altri sono assolutamente modificabili e prevenibili, ad esempio l’abitudine al fumo oppure l’obesità. In questo senso AIOM è impegnata, in collaborazione con Fondazione AIOM e Federanziani nel progetto nazionale “Cancro, la prevenzione non si ferma dopo i 65 anni”, con l’obiettivo di coinvolgere le famiglie ma anche i Centri anziani nel promuovere una maggiore informazione sulla prevenzione oncologica della “terza età”.
In che cosa consiste la prevenzione dopo i 65anni?
Anche dopo i 65 anni possiamo fare prevenzione a 360 gradi! Per prevenzione va intesa quella primaria, secondaria e terziaria.
Ci spieghi.
Lo scopo della prevenzione primaria è ridurre l’incidenza delle neoplasie modificando i fattori di rischio, quindi giocare d’anticipo prima che la malattia insorga, ovvero adottando abitudini salutari, in particolare evitando il fumo, avendo un’alimentazione corretta, limitando il consumo di alcole svolgendo attività fisica regolare. Queste raccomandazioni, compatibilmente con la condizione fisica della persona, sono valide anche per chi ha superato la malattia perché riducono l’insorgenza di recidive (prevenzione terziaria). La prevenzione secondaria è la diagnosi precoce, ad esempio l’adesione alle campagne di screening, tuttavia, spesso gli anziani non beneficiano dei programmi di screening per come sono concepiti ora. In questi anni AIOM si sta operando per ampliare l’età delle persone sottoposte a screening, sia anticipando l’età di adesione sia posticipandone l’uscita, al fine di includere una popolazione sempre più ampia.
Come stanno i nostri anziani?
L’Italia è uno tra i paesi più longevi al mondo. Una patologia come il cancro, che colpisce a tutte le età, ha negli over 65 un impatto maggiore legato alle comorbilità (coesistenza di più patologie diverse nella stessa persona), alle condizioni sociali e alle difficoltà di accedere ad alcune terapie. Ogni giorno in Italia si registrano più di 500 nuove diagnosi di cancro negli anziani e circa il 50% dei tumori insorgono in soggetti con età superiore ai 70 anni. Con l’avanzare dell’età, nei pazienti anziani si rileva un accumulo di fattori cancerogeni nell’organismo e contestualmente una ridotta capacità di difesa e dei meccanismi di riparazione. Negli ultimi anni l’aspettativadi vita si è molto allungata, ecco perché diventa indispensabile correggere i propri stili di vita e fare prevenzione: un sessantacinquenne ha davanti a sé, potenzialmente, ancora un ventennio. Una diagnosi precoce può fare la differenza! Ma c’è di più.
Cos’altro?
Molto spesso gli anziani arrivano ad una diagnosi troppo tardi sia per l’assenza di programmi di screening in questa fascia d’età sia perché spesso vengono ignorate le regole della prevenzione. Bisogna ricordare che dai dati italiani sette over 70 su 10 scoprono la malattia in fase avanzata, quando le terapie sono meno efficaci.
Quanto vengono seguiti i corretti stili di vita?
Tendenzialmente gli anziani tendono ad ignorare le regole della prevenzione: la sedentarietà, l’eccesso ponderale e il fumo sono molto diffusi e aumentano il rischio di sviluppare una neoplasia. Circa il 57% degli over 65 è in sovrappeso oppure è obeso, il 10% fuma, il 48,7% ha una vita sedentaria, solo il 10,3% degli over 65 pratica regolare attività fisica e soltanto l’11,3% consuma 5 o più porzioni di frutta o verdura al giorno. La regione Piemonte non fa eccezione!
Quali sono le regole per stare in forma anche dopo i 65anni?
Sicuramente le regole per stare in forma, a tutte le età, quindi non solo nella popolazione anziana, sono sintetizzate dalle 12 raccomandazioni del Codice Europeo contro il cancro. Si stima che in Europa quasi la metà dei decessi per cancro potrebbe essere evitata se venissero messi in atto questi suggerimenti, molti dei quali permetterebbero di ridurre anche l’impatto di diverse malattie cronico-degenerative.
Invece, quali sono i trattamenti che necessita l’anziano colpito da tumore?
In Italia solo il 37% degli anziani è vivo a 5 anni dalla diagnosi a causa di uno stile di vita scorretto e ad un minore accesso a screening preventivi. A causa della frequente esclusione dagli studi clinici, i miglioramenti ottenuti in oncologia negli ultimi decenni hanno riguardato solo in parte questa popolazione. E’ fondamentale sempre tenere presente che il maggiore impatto delle neoplasie nei pazienti over 65 è spesso legato alla presenza di comorbilità e trattamenti polifarmacologici concomitanti, condizioni sociali e difficoltà ad effettuare o ad accedere agli screening. Fino a qualche anno fa il trattamento del paziente anziano era piuttosto empirico e basato sull’esperienza clinica e sul “buon senso” del medico oncologo. Non avendo a disposizione studi ad hoc e mutuando i dati solo da analisi di sottogruppo, tenuto conto delle comorbilità, l’oncologo adattava la schedula al paziente anziano con consistente rischio di sotto trattamento oppure di over trattamento. Di fronte ad un paziente anziano abbiamo la possibilità di impattare positivamente sia sulla qualità che sulla quantità della vita, ma a patto di calibrare le terapie con gli aspetti sociali, psicologici e fisici del paziente. Oggi abbiamo un’importante risorsa: la valutazione geriatrica multidimensionale che suddivide i pazienti anziani in “pazienti fit” (possono beneficiare dello stesso trattamento previsto per il giovane adulto), “vulnerabili” (con necessità di adeguare la schedula terapeutica riducendo la dose dei farmaci o modulandoli sulla base della funzionalità d’organo) e “pazienti fragili”, per i quali non è indicata alcuna terapia oncologica ma l’attivazione precoce della migliore cura di supporto. Uno strumento rapido e semplice per la valutazione multidimensionale è il G8 score che nella nostre Regione viene valutato alla visita presso il CAS.
Sul fronte dei farmaci innovativi quali sono le novità?
Oggi l’età non sembra più rappresentare un limite assoluto al trattamento dei pazienti anziani, quindi anche l’accesso alle terapie biologiche e ai farmaci immunoterapici che si stanno affacciando sul panorama recente dell’oncologia non sono più condizionati dall’anagrafica, fortunatamente. Le cure funzionano bene anche nei pazienti anziani, fondamentale è la selezione del paziente sulla base delle fragilità fisiche, sociali, psicologiche.
Di Liliana Carbone per “Nuova Speranza“, il magazine dell’Associazione per la Prevenzione e la Cura dei Tumori in Piemonte Onlus
C’è una fascia di popolazione più a rischio di sviluppare lesioni pretumorali nel corso della vita che con il passare del tempo possono trasformarsi in tumori del cavo orale e laringe. Sono i giovani e i grandi fumatori. Se per i primi il nemico numero 1 è il Papilloma Virus, che si può trasmettere per via sessuale interessando il cavo orale, i fumatori potranno andare incontro non solo al tumore al polmone, ma anche a neoplasie che coinvolgono cavo orale e laringee il rischio è più alto per chi inizia a fumare già in giovane età. Se non diagnosticate per tempo, queste lesioni possono trasformarsi in tumori, con tutto quello che ne consegue. La Dottoressa Laura Salonia, Otorinolaringoiatra dell’Associazione per la Prevenzione e la Cura dei Tumori in Piemonte, spiega l’importanza delle visite di prevenzionedell’Associazione e la sensibilizzazione al problema alla popolazione più a rischio.
In che cosa consiste la visita di prevenzione rivolta ai Soci di Prevenzione Tumori?
Nel visitare i pazienti andando ad identificare precocemente lesioni potenzialmente pre-tumorali. Si indagano eventuali comportamenti a rischio come assunzione abituale di alcol o abitudine al fumo di sigaretta. Si esegue un accurato esame obiettivo del cavo orale e dell’ipofaringe-laringe.
Quando sono disponibili i risultati?
Subito dopo la visita, qualora venissero individuate delle lesioni sospette il paziente viene invitato ad eseguire una visita approfondita otorinolaringoiatrica al fine di eseguire una exeresi della lesione e successivo esame istologico.
In media, quanti sono i Soci di Prevenzione Tumori che incontra nel corso dell’anno?
Visitiamo 30 pazienti durante ogni incontro mensile.
Che età hanno? Sono più uomini o più donne? Quanti sono i giovani?
Sono più uomini; età media intorno ai 55-60 anni, ma negli ultimi mesi si è assistito ad un flusso sempre maggiore di giovani sensibilizzati dalle campagne di prevenzione.
Perché si sottopongono ad una visita di controllo?
Molti sono preoccupati in quanto forti fumatori. Si sottopongono a queste visite grazie alle campagne di prevenzione che vengono svolte negli ultimi anni.
Qualcuno ha richiesto un controllo perché una lesione in bocca gli ha destato preoccupazione?
Di frequente capita che vengano in visita per delle lesioni dolorose o talvolta sanguinanti del cavo orale, per cambiamenti della voce (disfonia) e, non risolvendosi con dei comuni farmaci da banco, preferiscono approfondire rivolgendosi allo specialista.
Quali sono i sintomi che possono far destare attenzione?
Sensazione di corpo estraneo in bocca o in gola, lesione sanguinante della bocca, abbassamento del timbro vocale (disfonia), mal di gola che perdura nel tempo, comparsa di tumefazioni del collo, dolore alle orecchie.
In caso di lesione certa cosa deve fare una persona chela scopre?
Parlarne con il medico curante e successivamente rivolgersi il prima possibile ad uno specialista Otorinolaringoiatra.
Quante volte le è capitato di diagnosticare una lesione precancerosa?
Da quando svolgo il servizio presso questa Associazione mi è capitato di vedere circa il 2-3% di pazienti con delle lesioni precancerose.
Ora parliamo dei giovani: perché sono più a rischio?
I giovani di oggi sono gli anziani di domani e se fin da subito evitano delle abitudini scorrette il rischio di sviluppare dei tumori della bocca o della laringe si riduce significativamente.
Il sesso orale quanto può essere determinante per l’insorgenza di lesioni da Papilloma Virus nella bocca?
L’infezione da HPV, soprattutto HPV16 (presente nel 90% delle neoplasie HPV correlate), può essere alla base di neoplasie orofaringee, anche quando non coesistono i comuni fattori di rischio (fumo o alcol). E’ infatti noto come questo tipo di neoplasie HPV correlate tendano a manifestarsi in soggetti più giovani, non esposti a fumo o alcol, e con una storia di partner sessuali multipli.
Come e quando si manifestano queste lesioni?
Si presentano come delle lesioni dello stesso colore della mucosa confinante, solitamente di piccole dimensioni soprattutto in corrispondenza delle tonsille.
Quante volte le è capitato di diagnosticare una lesione da HPV?
In circa un 5-7% di giovani adulti.
Qual è la migliore prevenzione?
Evitare comportamenti sessuali a rischio.
Ora parliamo dei fumatori: qual è il rischio che sviluppino lesioni nel cavo orale e laringe per colpa del fumo di sigaretta?
Il 75% delle neoplasie a carico del distretto testa-collo sono causate dall’azione combinata di fumo e alcol, considerati i principali fattori di rischio nella genesi di questa patologia. Il rischio di sviluppare un tumore di queste sedi è correlato alla quantità di sigarette fumate, essendo doppio per i soggetti che ne fumano più di 20 al giorno, rispetto a quelli che ne fumano meno di 20. Tuttavia il rischio di andare incontro a degenerazione neoplastica tende a diminuire abbandonando il fumo, fino ad avvicinarsi a quello dei non fumatori dopo circa 15 anni.
La diagnosi precoce quanto è importante contro i tumori di bocca e laringe?
La diagnosi precoce ci dà la possibilità di poter individuare delle lesioni a rischio potendo quindi effettuare il prima possibile un trattamento mini invasivo. Se ciò non avvenisse aumenta per il paziente il rischio di sottoporsi ad interventi demolitivi che avrebbero altresì un impatto negativo sulla qualità di vita.
Qual è la migliore arma per sensibilizzare giovani e grandi fumatori al problema di questi tumori?
L’informazione attraverso campagne pubblicitarie volte a illustrare gli effetti a lungo termine che potrebbero avere alcune abitudini scorrette.
Che cosa si sente di consigliare loro?
L’astensione dal fumo di sigaretta, ridurre l’apporto di vino e super alcolici e di effettuare almeno una volta l’anno delle visite di prevenzione.
Dal magazine Nuova Speranza – Novembre 2019
Si chiama Ciuffo ed è un cane meticcio. Rispetto ai suoi “amici a quattro zampe” è un senior, un “nonno”, ma nessuno ci crede al fatto che abbia 14 anni. Quindi Ciuffo è di fatto in “pensione”, ma lui non ne vuole proprio sentire parlare. Perché nella sua vita, questo cane ha fatto tante cose, compreso essere parte della Squadra cinofila di soccorso della Protezione Civile. Ciuffo ha salvato vite umane calandosi dagli elicotteri e attraversando montagne e fiumi, infaticabilmente. Insieme alla sua padroncina poi ha fatto più di 150 vie ferrate, numerose corde doppie, pareti in inverno e d’estate. «Io credo che chi si affiderà a Ciuffo» ne è convinta la sua padrona «qualcosa da imparare ce l’avrà».
Ciuffo, Becky, Grut, Laiky, Lilli, Amleto, Carola, Joey, Dea, Kimiko e altri amici a “quattro zampe” fanno parte del progetto “Impera” di pet therapy e per sei mesi e due giorni alla settimana saranno accanto a 20 pazienti con tumore del polmone trattati con chirurgia e in trattamento chemioterapico e radioterapico, che lottano contro depressione, fatigue, stanchezza, ansia, disturbi del sonno e dell’umore, condizioni che in questi pazienti hanno un’incidenza che varia dal 50% al 70% dei casi.
Come superare queste difficoltà? Insieme agli “amici a quattro zampe”, i pazienti faranno passeggiate di un’ora nel Parco del Valentino, con partenza dalla Fontana dei Dodici Mesi. L’attività è promossa da Walce Onlus – Donne contro il tumore del polmone in Europa, in collaborazione con Te.C.A., il Centro studi terapie con animali. Questo progetto vuole valorizzazione l’impiego della pet therapy nei pazienti attraverso l’incentivazione all’attività fisica, che migliora la fatigue e la loro qualità di vita, e di conseguenza ansia, depressione e qualità del sonno.
«Nelle persone colpite da tumore polmonare, il sintomo acuto più frequente, prima e dopo il trattamento, è la fatigue,cioè uno stato di stanchezza profonda e prolungata» spiega la Professoressa Silvia Novello, Ordinario di Oncologia Medica presso l’Università degli Studi di Torino, responsabile di Oncologia polmonare all’ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano e Presidente di Walce Onlus. «La fatigueraramente è descritta come un sintomo isolato, spesso è associata ad ansia, stress, depressione e disturbi del sonno, con un conseguente notevole impatto negativo sulla qualità di vita e sull’adesione alle terapie. L’unico intervento che ha dimostrato prove solide di efficacia sulla riduzione della fatigueè l’esercizio fisico, che si è rivelato efficace anche nella riduzione dei livelli di ansia e depressione».
La maggior parte dei pazienti non è stimolata a svolgere attività fisica in modo spontaneo. «E purtroppo, non sono disponibili linee guida formali per la riabilitazione post-chirurgica o post-chemioradioterapica, che comprendano il miglioramento di sintomi residui come la fatigue – prosegue la Novello-. Da qui nasce il nostro progetto, basato sulle evidenze della pet therapy come strumento di potenziamento dell’attività fisica nei pazienti con tumore del polmone. Vogliamo cioè stimolarli a svolgere movimento all’aperto, in un ambiente extra-ospedaliero».
«Il progetto – afferma la Dottoressa SimonaCarnio, Medico oncologo all’Ospedale San Luigi di Orbassano – si rivolge a 20 pazienti con tumore del polmone trattati radicalmente con chirurgia, comprese le persone in corso di trattamento adiuvante, cioè successivo alla chirurgia, con chemioterapia e radioterapia, e include anche i loro familiari e amici».
La pet therapy è stata riconosciuta come cura ufficiale dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 febbraio 2003, ma già dal 1997 ha iniziato a sostenere diverse sperimentazioni rivolte a persone con disturbi cognitivi, comportamentali e psicologici. Numerosi studi ne hanno dimostrato l’efficacia in termini di distrazione dai pensieri legati all’ospedalizzazione, riduzione delle complicanze e miglioramento della qualità di vita dei pazienti.
Capaci di rappresentare uno stimolo concreto e positivo per i pazienti, in particolare gli anziani, i cani sono in grado di contrastare la sensazione di solitudine e di apatiache a volte può instaurarsi durante il ricovero, stimolando un approccio positivo che si ripercuote sulla qualità della permanenzain struttura edella vita del pazientein generale. La pet-therapy si caratterizza per l’empatia e l’interazione tra l’animale e la persona sofferente.
«Le modalità terapeutiche che prevedono l’utilizzo degli animali come strumento per migliorare il funzionamento fisico, emotivo, cognitivo e sociale degli esseri umani sono chiamate “interventi assistiti dagli animali” e sono classificate in attività di assistenza agli animali, terapia assistita da animali e servizi di programmi per animali (Sap)» spiega il DottorPaolo Guiso, Medico veterinario, direttore della struttura semplice di Igiene urbana veterinaria dell’Asl TO5 e Responsabile scientifico di Te.C.A.«I risultati più evidenti appaiono nei pazienti adulti affetti da patologie neurologiche progressive, malattie cardiovascolari e nei bambini colpiti da autismo o da deficit cognitivi. I risultati terapeutici associati all’attività di assistenza agli animali sono il miglioramento della socializzazione, la riduzione dello stress, dell’ansia, della solitudine, il miglioramento dell’umore, del benessere generale e lo sviluppo delle abilità ricreative. La relazione tra il paziente e l’animale mira a restituire al malato autostima, sicurezza, capacità relazionale e, in molti casi, permette di riacquisire abilità psicologiche e motorie perse a causa della sofferenza».
Sottolinea la Dottoressa Barbara Picco, presidente di Te.C.A. «gli animali adatti alla pet therapy sono quellidomestici, affiancati al paziente dopo aver superato severi test che ne attestino lo stato sanitario, le capacità e le attitudini. L’animale per eccellenza in questo tipo di terapie è il cane. Il benessere derivato dalla sua presenza è, infatti, generale e ha basi chimiche e fisiche: il suo affetto stimola l’organismo a produrre endorfine, inducendo uno stato di tranquillità e rilassatezza».
Da “Nuova Speranza“, il magazine dell’Associazione per la Prevenzione e la Cura dei Tumori in Piemonte Onlus – 2019 – n. 1
Il fumo di sigaretta è il principale fattore di rischio oncologico. Nel 2018 state stimate in Italia oltre 41.500nuove diagnosi di tumore del polmone, delle quali più del 30% incide nel sesso femminile. Attualmente si calcola che 1 uomo su 10 e 1 donna su 34 possa sviluppare un tumore del polmone nel corso della vita. In Piemonte ogni anno sono circa 3.450 e 1.400 a Torino (e provincia). Il dato allarmante è che diminuisce l’incidenza del carcinoma del polmone fra gli uomini, ma l’abitudine al fumo è sempre più femminile. Lo spiega la Professoressa Silvia Novello, membro del Direttivo nazionale AIOM, Ordinario di Oncologia medica all’Università di Torino e responsabile della Struttura semplice dipartimentale di Oncologia toracica dell’Ospedale San Luigi di Orbassano.
Cosa accade Professoressa Novello?
Più di 100.000 casi di neoplasia ogni anno in Italia sono dovuti proprio alle sigarette. Numeri che ricordano quelli di un’epidemia. L’85-90% dei tumori del polmone è attribuibile a questo fattore di rischio.
Cosa accade nella nostra regione?
In Piemonte si registra una diminuzione delle diagnosi di questo tipo di neoplasia, circa 50 in meno nel 2018 rispetto ai 12 mesi precedenti. Le campagne di sensibilizzazione stanno evidenziando risultati significativi: in Piemonte la quota di fumatori si è ridotta ed è passata dal 29% del 2008 al 24,5% del 2017, inferiore rispetto alla media nazionale (26%). Un calo che però riguarda soltanto gli uomini, perché l’incidenza fra le donne resta stabile con 1.250 casi annui.
Ci spieghi.
Complessivamente il fumo è più frequente fra gli uomini (29%) rispetto alle donne (19%), però sta diventandoun’abitudine sempre più femminile ed è particolarmente diffuso fra i giovani, per questo le campagne di prevenzione devono essere mirate soprattutto a queste fasce di popolazione. Nella Regione (Studio PASSI 2014-2017), l’abitudine al fumo di sigaretta è più diffusa fra i 25-34enni (29%) e si riduce con l’età, è più frequente fra le persone con difficoltà economiche (36%) ed è più bassa tra i cittadini più istruiti (17% nei laureati). Il 25% dei tabagisti consuma più di un pacchetto al giorno ed è, quindi, un forte fumatore.
Questo tumore resta il principale “big killer” nel nostro Paese, è cosi?
Sì, è così. La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è ancora scarsa, pari a circa il 16%. La chirurgia, seguita dalla chemioterapia e radioterapia, costituisce un’arma molto efficace negli stadi iniziali. Purtroppo, il 60-70% delle diagnosi avviene in fase avanzata: in questi casi, oltre alla chemioterapia, oggi ci sono trattamenti che permettono di controllare la malattia migliorando la sopravvivenza a lungo termine. In particolare, in presenza di specifiche mutazioni geniche, possono essere utilizzate terapie a bersaglio molecolare.
E l’immuno-oncologia che ruolo ha oggi?
L’immuno-oncologia, che potenzia il sistema immunitario dei pazienti, sta evidenziando risultati importanti in prima linea, in pazienti che un tempo disponevano della chemioterapia come unica opzione.
Facciamo un passo indietro: parliamo di diagnosi.
A causa della presenza di sintomi non specifici, la diagnosi delle neoplasie polmonari è spesso tardiva. Ad esempio la tosse, la raucedine o la mancanza di fiato sono sintomi comuni nel fumatore e, proprio per questo, vengono spesso trascurati. Quando una persona presenta segni e/o sintomi che facciano sospettare la presenza di un tumore del polmone (tosse secca o con catarro, piccole perdite di sangue con i colpi di tosse, difficoltà respiratorie, dolore al torace, perdita di peso non giustificata da dieta o stress) è fondamentale fare riferimento al medico di base o ad uno specialista.
Smettere di fumare è il forte appello, dunque.
Smettere di fumare è di primaria importanza nella prevenzione, in quanto l’85% dei casi di carcinoma polmonare è causato proprio dalle sigarette.La diagnosi precoce è auspicabile, specialmente se associata alla prevenzione primaria (la disassuefazione dal fumo) per ridurre la mortalità.
Il tumore del polmone è la forma di cancro in cui il fumo di sigaretta rappresenta il più importante fattore di rischio.
Da “Nuova Speranza“, il magazine dell’Associazione per la Prevenzione e la Cura dei Tumori in Piemonte Onlus – 2019 – n. 1
Per la prima volta in Piemonte si registra un calo delle nuove diagnosi di tumore. Lo confermano i dati che dicono che nel 2018 sono stati stimati 30.850 casi, 50 in meno rispetto al 2017 (erano 30.700 nel 2016 e 28.128 nel 2015). Il tumore più frequente in Piemonte è diventato quello della mammella: nel 2018 sono stati stimati 4.350 nuovi casi (erano 4.200 nel 2017), seguono il cancro del colon-retto (4.050, erano 4.350 nel 2017), che nel 2017 era il più diagnosticato, e del polmone (3.450, erano 3.500 nel 2017). Circa 280mila cittadini vivono dopo la scoperta della malattia, un dato in costante aumento: la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi raggiunge il 63% fra le donne e il 53% fra gli uomini, in linea con la media nazionale.
È questa lafotografia dell’universo cancro in tempo reale, raccolta nel volume “I numeri del cancro in Italia 2018”, realizzato dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), dall’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM), da Fondazione AIOM e PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia).
Secondo gli esperti è importante agire sui fattori di rischio, perché la quota di casi prevenibili va da un terzo alla metà considerando tutti i fattori di rischio noti. Fondamentale importanza rivestono le strategie di prevenzione primaria contro l’inquinamento di atmosfera, acqua e suolo, le esposizioni professionali, il sovrappeso, l’eccessivo consumo di alcool e di carni rosse, l’abitudine al fumo e l’inattività fisica. In Piemonte il 33% dei cittadini è sedentario (33,6% Italia) e il 36,9% è in eccesso ponderale: il 28,5% è in sovrappeso (31,7% Italia) e l’8,4% è obeso (10,7% Italia). «Serve quindi più impegno anche per promuovere il ruolo dell’attività fisica e della dieta corretta» sottolineail Dottor Paolo Contiero, Consigliere nazionale AIRTUM. «Nel Nord Italia ci si ammala di più rispetto al Sud.Il tasso d’incidenza tra gli uomini è più basso del 4% al Centro e del 13% al Sud e nelle Isole rispetto al Nord e per le donne del 6% e del 16%. Il Registro Tumori Piemonte, primo in Italia e in tutta l’Europa meridionale, collabora in maniera sistematica con le altre articolazioni del Centro di Riferimento per l’Epidemiologia e la Prevenzione Oncologica in Piemonte (CPO), soprattutto nella valutazione dei programmi di screening».
Oltre agli stili di vita sani, anche l’adesione ai programmi di screening è fondamentale nella lotta al cancro e nel miglioramento delle percentuali di sopravvivenza. In Piemonte, nel 2016 il 79,9% delle donne fra i 45-49 anni e il 64,8% delle 50-69enni hanno aderito all’invito a eseguire la mammografia(56% in Italia)e la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi raggiunge l’88%. Per quanto riguarda il tumore del collo dell’utero, il 54,2% delle donne piemontesi 25-64enni ha aderito al programma di screening cervicale(Pap test + test HPV) per la diagnosi precoce (40,3% in Italia). Si registra un alto tasso di adesione da parte dei cittadini 59-69enni anche al test per la ricerca del sangue occulto nelle feci (50,5%), per individuare in fase precoce il cancro del colon-retto (40% in Italia).
«Il primato di incidenza raggiunto dal tumore della mammella nella Regione Piemonte non va letto necessariamente in termini negativi»afferma la DottoressaLivia Giordanodel Dipartimento di Epidemiologia e screening della Città della Salute e della Scienza di Torino.«E’ legato non solo all’invecchiamento della popolazione, ma anche all’estensione dei programmi di screening mammografico alle donne fra i 45 e i 49 anni e all’alta adesione a questi esami che consentono di individuare la malattia in fase iniziale, quando sono più alte le percentuali di guarigione».
Secondo gli esperti, accanto alla diagnosi precoce, l’innovazione terapeutica gioca un ruolo chiave nella lotta contro il cancro. «Se alla fine degli anni Settanta solo poco più di 3 persone su 10 colpite dal cancro riuscivano a sconfiggere la malattia, oggi circa il 60% sopravvive e, quando non si arriva a guarigione, si riesce in molti casi a trasformare il tumore in una patologia cronica con cui poter convivere per anni»spiegail Professor Giorgio Scagliotti, Direttore di Oncologia medica all’Università di Torino. «Da un lato l’innovazione farmaceutica ha completamente cambiato l’esito di molti tipi di neoplasie, dall’altro il costo dei nuovi farmaci oncologici, unito all’impatto sociale della malattia, rischia di compromettere la tenuta economica dei sistemi sanitari.Va creato un tavolo di lavoro che includa i diversi attori coinvolti: agenzia regolatoria, industria, società scientifiche, accademia e pazienti. L’obiettivo è ridefinire il concetto di innovazione: non può essere considerato innovativo un farmaco reso disponibile 3 o 4 anni dopo la prima terapia commercializzata in quella specifica classe terapeutica. Bisogna ragionare in termini di costo e di efficacia delle terapie. Vanno fissate regole nuove rispetto a 10 anni fa».
Le Reti oncologiche regionali rappresentano il modello per garantire in tutto il Paese l’accesso a diagnosi e cure appropriate e di qualità. Oggi però esiste un nodo: in Italia sono attive solo in poche Regioni. «Fra gli obiettivi della Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta ci sonoil superamento delle disomogeneità territoriali, a livello di servizi sanitari e prestazioni erogate, il raggiungimento di standard di trattamento sempre più elevati,la semplificazione dell’accesso alle cure da parte del paziente,l’avvicinamento dei servizi al contesto di vita del malato e lo sviluppo di un’attività di ricerca sempre più all’avanguardia» evidenzia il DottorOscar Bertetto, Direttore del Dipartimento Interaziendale interregionale della Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta presso la Città della Salute e della Scienza di Torino e membro del Comitato Scientifico dell’Associazione per la Prevenzione e la Cura del Tumori in Piemonte – Onlus. «La Rete della nostra Regione, inoltre, è dotata di un sistema di indicatori per il monitoraggio della qualità dell’assistenza da parte delle strutture che ne fanno parte».
Presso le aziende sanitarie della Rete oncologica regionale è attivo il Centro Accoglienza e Servizi (CAS), una struttura di riferimento del paziente in termini di accoglienza, assistenza, orientamento e supporto. Il CAS è composto da personale medico, infermieristico e amministrativo debitamente formato, accoglie la persona con sospetto o prima diagnosi di patologia oncologica e organizza gli esami necessari alla conferma della diagnosi e alla stadiazione in tempi rapidi e in modo coordinato, secondo quanto previsto dai Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA) di ogni singola patologia, supportando il paziente dal punto di vista sanitario, socio-assistenziale e psicologico. «Ogni CAS ha anche uno psico-oncologo e un assistente sociale di riferimento»spiega la DottoressaPatrizia Racca, coordinatore AIOM Piemonte e Valle d’Aosta e responsabile medico C.A.S. dell’ospedale Molinette -. Ogni struttura è in costante comunicazione con gli altri CAS della Rete».
In Piemonte, nel 2015 sono stati 14.391 i decessi attribuibili a tumori maligni, di cui 8.000 uomini e 6.391 donne (ultimo anno disponibile ISTAT). Nella RegionePiemontela neoplasia che ha fatto registrare il maggior numero di decessi è quella del polmone (2.818), seguita da colon-retto (1.614), mammella (1.081), stomaco (669) e prostata (620).
«Sono quasi 3 milioni e 400mila gli italiani che vivono dopo una diagnosi di cancro»spiega la DottoressaStefania Gori, Presidente nazionale AIOM e Direttore del Dipartimento oncologico dell’IRCCS dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria-Negrar. «Èun numero importante che evidenzia il peso della patologia oncologica e lo sforzo continuo per migliorare la sopravvivenza dei pazienti non solo in termini quantitativi ma anche di qualità di vita. Oggi le due neoplasie più frequenti, quella della prostata negli uomini e della mammella nelle donne, presentano sopravvivenze a 5 anni pari a circa il 90%, con percentuali ancora più elevate quando la malattia è diagnosticata in stadio precoce. Risultati sicuramente incoraggianti, che ci spingono a impegnarci ancora di più sia sul fronte della ricerca che della prevenzione».
Da “Nuova Speranza“, il magazine dell’Associazione per la Prevenzione e la Cura dei Tumori in Piemonte Onlus – 2019 – n. 1
Il carcinoma polmonare è al secondo posto, per incidenza, tra le neoplasie maligne maschili (preceduto solo dal tumore della prostata) ma, a causa della sua elevata letalità, è al primo per quanto riguarda la mortalità. Nelle donne europee è la terza neoplasia in ordine di frequenza, mentre è al secondo posto nelle donne statunitensi, nelle quali è anche diventato la prima causa di morte oncologica. Il fumo di sigaretta è senza dubbio il più rilevante fattore di rischio dell’insorgenza. Il Professor Alberto Oliaro, Professore Ordinario di Chirurgia Toracica dell’Università degli Studi di Torino e Direttore della Struttura Complessa di Chirurgia Toracica dell’Ospedale Molinette della Città della Salute e della Scienza di Torino, spiega come è possibile prevenirlo, i nuovi passi della ricerca, e perché il tabagismo è diventata una vera e propria dipendenza.
Cos’altro c’è da sapere su questo tumore?
La sua incidenza aumenta con l’età, con un picco massimo nella sesta-settima decade di vita, e più di un terzo dei casi viene diagnosticato in pazienti sopra i 70 anni di età, spesso affetti da numerose patologie che inevitabilmente condizionano le scelte terapeutiche. Negli ultimi decenni si è osservato un progressivo incremento delle diagnosi di adenocarcinoma, e una riduzione di incidenza dei carcinomi squamosi e dei carcinomi a piccole cellule; tale dato, attribuito da molti autori alla diffusione di sigarette a basso contenuto di nicotina con maggiori quantità di nitrosamine, è inoltre collegato all’incremento delle diagnosi in pazienti non fumatori e di sesso femminile.
Come si può prevenire?
Consideriamo una prevenzione primaria e una prevenzione secondaria. La prevenzione primaria, vale a dire la riduzione dell’esposizione al principale fattore di rischio, ossia il fumo di tabacco, si accompagna a una diminuzione della mortalità per il tumore del polmone. In letteratura c’è evidenza che i programmi organizzati dai medici di medicina generale raggiungano il loro scopo; di contro l’abitudine al fumo dei genitori aumenta la probabilità che i figli siano fumatori. L’introduzione di sigarette a basso contenuto di catrame e nicotina, illusoria speranza di rischio ridotto, ha allontanato numerosi fumatori dall’idea di smettere di fumare e, in virtù della nota assuefazione alla nicotina che si instaura in questi soggetti, ha di contro incrementato la durata di ogni singola aspirazione o il numero di sigarette fumate, rivelandosi paradossalmente dannosa.
Che ruolo ha, invece, la prevenzione secondaria?
A differenza di altri tumori solidi, fino ad oggi non sono stati istituiti programmi di screening per la diagnosi precoce del tumore del polmone in soggetti ad alto rischio, in quanto studi storici che impiegavano radiogrammi standard del torace ed esame dell’escreato da soli o in combinazione, pur avendo dimostrato di aumentare la diagnosi in stadio precoce, non dimostravano un impatto sulla mortalità. Dati più recenti sull’uso della tomografia computerizzata (TC) spirale a basso contenuto di radiazioni, eseguita in soggetti ad alto rischio, hanno documentato una possibile riduzione di mortalità (circa 20%) con tale metodica rispetto al radiogramma tradizionale. Va però rimarcato l’alto numero di falsi positivi riportato in questi studi, che comporta un basso valore predittivo positivo dell’esame e la necessità di eseguire ulteriori esami di approfondimento in un’elevata percentuale di soggetti.
Le campagne di prevenzione del tumore del polmone, con visite gratuite negli ospedali, raggiungono l’obiettivo che si prefiggono o c’è ancora molto da fare?
La medicina preventiva è attualmente l’unica via per cercare di diagnosticare una neoplasia polmonare in fase iniziale. Le visite organizzate dall’Associazione per la Prevenzione e la Cura dei Tumori in Piemonte – Onlus sono fondamentali per cercare di migliorare i risultati clinici a distanza.
Esistono nuovi ed efficaci metodi per smettere di fumare?
La sigaretta elettronica è un dispositivo elettronico nato con l’obiettivo di fornire un’alternativa al consumo di tabacchi lavorati che ricalchi le mimiche e le percezioni sensoriali di questi ultimi. Colui che fa uso della sigaretta elettronica è chiamato svapatore o vaper. Il funzionamento prevede l’inalazione di una soluzione a base di acqua, glicole propilenico, glicerolo, nicotina (in quantità variabile o assente) vaporizzata da un atomizzatore, un dispositivo (solitamente una resistenza) alimentato da una batteria ricaricabile. Attualmente non ci sono dati sufficienti per confermare né l’efficacia né la sicurezza di questi dispositivi. Un’analisi dello scorso anno della Food and Drug Administration ha sollevato alcuni problemi riguardanti la sicurezza del contenuto dei filtri, rilevando in alcuni la presenza di piccole quantità di sostanze tossiche e cancerogene, nonché tracce di nicotina anche in filtri che non avrebbero dovuto contenerne. Non ci sono neppure studi che valutino l’efficacia di questi congegni nella cessazione dell’abitudine al fumo. Anzi, il parere degli esperti sembra suggerire il contrario.
E allora come si possono convincere i fumatori a smettere?
Il tabagismo è un disturbo complesso e multidimensionale nel quale esiste una forte componente genetica, neurobiologica, metabolica e comportamentale. Diverse evidenze sono state necessarie per arrivare a definire il tabagismo non più un semplice “vizio”, ma una vera e propria dipendenza. La scoperta della nicotina come sostanza psicoattiva, in grado di suscitare al pari di altre droghe dipendenza psicofisica, ha rivolto maggiormente l’attenzione agli aspetti involontari del mantenimento di questa abitudine. Il percorso di disassuefazione tabagica richiede un intervento medico e farmacologico.
Oggi quali sono le novità nella cura del cancro del polmone?
Premesso che le moderne tecniche chirurgiche e i più recenti protocolli chemio e radioterapici consentono un buon controllo della malattia neoplastica in ambito polmonare, non dobbiamo dimenticare che il 10-15% circa dei pazienti affetti da carcinoma del polmone non a piccole cellule presentano una mutazione attivante del gene dell’EGFR; tale percentuale arriva al 30-40% nei pazienti asiatici e correla con il sesso femminile e con lo status di non-fumatore o ex-fumatore. In questo gruppo di pazienti è indicato un trattamento di prima linea con un inibitore tirosin-chinasico dell’EGFR (gefitinib, erlotinib, afatinib), in quanto tale categoria di farmaci si sono dimostrati più efficaci della chemioterapia in studi clinici randomizzati di fase III, sia in termini di risposte obiettive che di prolungamento della sopravvivenza libera da progressione, che di qualità di vita. Una percentuale compresa tra il 2% e il 5% dei pazienti affetti da adenocarcinoma del polmone presenta un riarrangiamento del gene ALK, solitamente una traslocazione che giustappone il dominio tirosin-chinasico di ALK all’estremita 5’ del gene EML4 creando una proteina di fusione. Tali pazienti beneficiano di un trattamento con un ALK-inibitore (come il crizotinib) in grado di incrementare le risposte obiettive e la sopravvivenza libera da progressione rispetto alla chemioterapia.
Infine, si parla sempre più spesso di broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO): perché è una patologia in crescita?
Secondo la più recente revisione delle Linee Guida Gold del 2014 (Global Iniziative for Chronic Obstructive Lung Disease) la BPCO non è più da considersi una patologia esclusivamente polmonare, quanto una più complessa malattia multisistemica il cui decorso è fortemente influenzato da multiple comorbidità che contribuiscono ai sintomi, alle riacutizzazioni di malattia, alle ospedalizzazioni e alla mortalità con notevole impatto economico e sociale. Negli ultimi anni si sta rilevando di grande utilità per lo studio dei pazienti con BPCO l’utilizzo della tomografia computerizzata del torace, che facilita la comprensione dei meccanismi responsabili dell’ostruzione irreversibile del flusso aereo, integrando le informazioni acquisite con l’imaging a quelle relative ai dati clinici, funzionali e di laboratorio. Considerando l’importanza sociale che questa patologia, troppo spesso misconosciuta e sotto dignosticata, sta pian piano acquisendo, sarebbe auspicabile nell’immediato futuro un programma sempre più intenso di prevenzione e di identificazione precoce di malattia sfruttando le sinergie tra la medicina del territorio nella figura del medico di medicina generale e lo specialista, al fine di ridurre morbosità, costi e mortalità.
Da “Nuova Speranza”, il magazine dell’Associazione per la Prevenzione e la Cura dei Tumori in Piemonte – Onlus – 11/2018
Nelle pagine del nuovo numero di “Nuova Speranza” approfondiamo con i massimi esperti piemontesi i quattro più importanti tumori per incidenza e impatto sulla salute: al polmone, al seno, al colon e alla prostata, per capire perché insorgono, come si possono prevenire e le novità terapeutiche.
Negli ultimi tre anni le diagnosi di tumore in Piemonte sono aumentate del 9,8%. Nel 2017 nella Regione sono stati registrati 30.900 nuovi casi (16.200 uomini e 14.700 donne), nel 2015 le stime erano pari a 28.128 (16.100 uomini e 12.028 donne). Una tendenza che rispecchia quella nazionale, con un andamento stabile delle nuove diagnosi fra gli uomini e un incremento fra le donne. È questa la fotografia dell’‘universo tumore’ in tempo reale, raccolta nel volume “I numeri del cancro in Italia 2017” realizzato dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), dall’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM) e dalla Fondazione AIOM.
Fra i piemontesi i tumori più frequenti sono quelli al colon retto (4.350), seno (4.200) e al polmone (3.500). La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è in linea con la media nazionale, raggiunge il 63% fra le donne e il 53% fra gli uomini (in Italia rispettivamente 63% e 54%). I nuovi dati confermano la riduzione della mortalità nei due sessi, per il complesso dei tumori e per molte neoplasie a più elevato impatto. Così, quello che veniva un tempo considerato un male incurabile, è divenuto in moltissimi casi una patologia da cui si può guarire o con cui si può convivere a lungo con una buona qualità di vita.
Si aggiungono poi le armi efficaci per combattere il cancro, come l’immuno-oncologia e le terapie target a chemioterapia, chirurgia e radioterapia. Tutto questo, unito alle campagne di prevenzione promosse con forza anche dall’AIOM, si traduce nel costante incremento della sopravvivenza dopo la diagnosi, che nella nostra Regione interessa oltre 274.100 soggetti.
Il vizio del fumo è sempre più femminile. Un dato che preoccupa è il notevole incremento, del 36%, delle diagnosi di tumore del polmone fra le donne, passate da 919 nel 2015 a 1.250 nel 2017. Per questo è fondamentale promuovere campagne di prevenzione rivolte a tutte le fasce della popolazione: no al fumo, attività fisica costante e dieta corretta. Il 40% dei casi totali, 12.360 in Piemonte solo nel 2017, potrebbe essere evitato seguendo uno stile di vita sano. È scientificamente provato che il cancro è la patologia cronica che risente più fortemente delle misure di prevenzione.
Ma i piemontesi fanno prevenzione per restare in salute? I dati parlano chiaro: il 33,4% dei piemontesi è sedentario, il 28,4% è in sovrappeso e l’8% obeso. I fumatori sono il 24,2% della popolazione e il consumo a rischio di alcol riguarda il 19,1% dei cittadini (Studio PASSI 2013-2016). In Piemonte l’ultimo dato Istat disponibile (anno 2014) fa registrare 14.624 decessi attribuibili a tumore: la neoplasia con il maggior numero di decessi è quella del polmone (2.742), seguita da colon retto (1.601), seno (1.071), pancreas (919) e stomaco (695). Numeri che fanno riflettere e che, sempre di più, mettono in evidenza quanto sia fondamentale mettere in campo misure efficaci per contrastare l’insorgenza del cancro. Il primo passo è certamente partire dall’osservanza di corretti stili di vita.
Buona lettura!
Da “Nuova Speranza”, il magazine dell’Associazione per la Prevenzione e la Cura dei Tumori in Piemonte – Onlus – 11/2018
Il fumo di tabacco è la causa completamente prevenibile di molte malattie: produce 5 milioni di morti all’anno per patologie complesse dei polmoni, del cuore e dei vasi, e per molti tipi di tumore. In Italia, la mortalità attribuibile al fumo di tabacco è dell’ordine del 15% dei 560mila decessi registrati ogni anno, pari a 70mila morti, di cui 40mila per neoplasia polmonare e broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco), 10mila per altri tumori legati al tabacco; 15mila per malattie cardio-vascolari e 5mila per altre malattie.
L’Associazione italiana di oncologia cervico-cefalica (Aiocc) di recente ha portate sulle piazze d’Italia “Tieni la testa sul collo. Un controllo può salvarti la vita”,la campagna di sensibilizzazione sui tumori della testa e del collo persottolineare l’importanza della diagnosi precoce, unico strumento in grado di sconfiggere queste patologie che colpiscono oltre 110mila italiani(84mila uomini e 28mila donne). L’iniziativa si è inserita all’interno della più ampia “Make Sense Campaign”, campagna europea sui tumori testa-collo che ha messo in campo numerose iniziative su tutto il territorio e in occasione della quale i cittadini italiani si sono recati nei centri specialistici per ricevere informazioni, effettuare un eventuale colloquio con uno specialista e, qualora questo lo ritenesse necessario, per sottoporsi ad una visita di controllo gratuita.
Nella combustione della carta e delle foglie di tabacco si producono più di 5mila sostanze che hanno attività irritante, tossica, cancerogena, embriotossica e teratogena. Ben 67 sostanze sono accertate come cancerogene.
Gli effetti a breve termine del tabacco sono diverse: la nicotina raggiunge il cervello dopo circa 30 secondi provocando sensazione di benessere, riduzione dello stress, miglioramento temporaneo delle prestazioni mentali.
Il fumatore è spinto a ripetere le boccate e aumentare il numero di sigarette quotidiane.Sisviluppa un automatismo con accensione della sigaretta «senza pensarci» e sviluppo di dipendenza.
Per quanto riguarda gli effetti del tabacco a medio termine: alterazioni immunitarie, squilibri ormonali, aumento del colesterolo, alterazione della coagulazione e infiammazione cronica.
Gli effetti a lungo termine sono tumori: testa e collo, polmone, pancreas, vescica, malattie cardiovascolari, malattie polmonari (Bpco ed enfisema), malattie cutanee e malattie degenerative (anche neurologiche).
Una diagnosi precoce è infatti fondamentale perfavorire il successo del percorso terapeutico intrapreso. Sono proprio le Regioni del Nord e del Centro quelle in cui si registrano tassi più elevati di incidenza dei tumori testa-collo (7,0 e 5,4 per 100mila rispettivamente), che tendono a ridursi nelle Regioni meridionali (4,8 per 100mila). Chi fuma corre un rischio 15 volte maggiore di sviluppare un tumore della testa e del collo rispetto ad un non fumatore, rischio che aumenta ulteriormente se si aggiunge anche il consumo di alcol. Ad aumentare la possibilità di sviluppare un tumore della testa e del collo, inoltre, le infezioni da tipi cancerogeni di Papillomavirus umano, soprattuttoHpv 16, che si associano in particolare ai tumori dell’orofaringe (letonsille o la base della lingua). Da notare come queste neoplasie colpiscano soggetti giovani e non esposti ai classici fattori di rischio.
I tumori testa-collo sono neoplasie che originano dalle cellule epiteliali squamoso che formano le mucose degli organi del distretto cervico-facciale (lingua, bocca, orofaringe, rinofaringe, ipofaringe, laringe e seni paranasali).
Circa 3 tumori testa-collo su 4 sono causati dal tabacco e dall’alcool. Le persone che usano sia alcool sia tabacco rischiano maggiormente di sviluppare questi tumori.
Promossa in Europa dalla European Head and Neck Society (Ehns), la campagna ha l’obiettivo di aumentare la conoscenza sui tumori testa-collo attraverso l’educazione alla prevenzione, la guida al riconoscimento dei sintomi e l’invito a rivolgersi al medico per una diagnosi precoce. Ricorrere tempestivamente al consulto del medico, infatti, permette ai pazienti di raggiungere un tasso di sopravvivenza dell’80-90%. Questi numeri cambiano notevolmente nel caso in cui la diagnosi arrivi tardi, ovvero se il tumore è già ad uno stadio avanzato: purtroppo, in questi casi, il 60% dei pazienti muore entro 5 anni.
Liliana Carbone
Novembre 2018
Un nemico invisibile, silenzioso, spesso sottovalutato. Ma che può anche non lasciare scampo: è lo smog, oggi finito al centro di una inchiesta della Procura che procede utilizzando gli strumenti messi a disposizione dalla nuova legge sui reati ambientali. «Un pericolo in particolare per i più deboli, gli anziani e i bambini» spiega Roberto Prota, primario di pneumologia dell’ospedale Mauriziano di Torino e presidente dell’Associazione Pneumologi di Pie- monte e Valle d’Aosta (Aipo).
Dottor Prola si torna a parlare di smog e di polveri sottili. Innanzitutto chi sono le persone più a rischio?
«L’inquinamento e in modo particolare le polveri sottili, che hanno un diametro di 10 millesimi di millimetro oppure di 2,5 millesimi di millimetro o addirittura inferiore, dette polveri “ultra fini”, possono causare dei danni prevalentemente nella popolazione giovanile, quindi i bambini, dai primi anni di vita fino alla giovane età, e nei soggetti over 65, che spesso noto sono già portatori di qualche malattia».
Perché i bambini?
«Il bambino può sviluppare con mag- giore facilità determinate problematiche perché le difese immunitarie e polmoni sono in fase di sviluppo, inoltre ha una frequenza respiratoria maggiore di quella degli adulti quindi introduce e scambia una quantità di aria con l’ambiente esterno maggiore del soggetto adulto e poi, essendo più a contatto con l’asfalto vista l’altezza, inala più facilmente le sostanze inquinanti».
Quali possono essere le patologie?
«Oggi è evidente che l’inquinamento ambientale facilita enormemente l’insorgenza di asma nei soggetti infantili. In un bambino poi che ha già una storia di asma, in un contesto di inquinamento ambientale lo smog funge da stimolo portando ad una riacutizzazione di malattia. Per gli anziani, che sono già portatori di patologie croniche respiratorie, quali l’enfisema, la broncopneumopatia cronico-ostruttiva (Bpco) o cardiache, il rischio è ancora più alto perché l’esposizione all’inquinante ambientale può rappresentare un elemento di acutizzazione della malattia, con la necissità di ricovero ospedaliero con evidente aumento della mortalità».
Che cosa provoca a lungo termine l’esposizione allo smog?
«Bisogna distinguere due tipi di esposizione. L’esposizione acuta degli inquinanti è stimolo per una malattia preesistente come asma, tracheite, riniti sia nel soggetto infantile che nel soggetto anziano. L’esposizione cronica è fattore eziopatogenetico di insorgenza di asma nella popolazione giovanile, oltre naturalmente di bronchite, tracheiti croniche, in una percentuale intorno al 24%; così come ampiamente dimostrato, è causa di disfunzione a carico di altri organi, emopoietico per esem-pio».
E per gli adulti?
«Nel soggetto adulto l’esposizione cronica provoca naturalmente malat- tie respiratorie, in modo prevalente la stessa asma e la Bpco, che allo stato dell’arte, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, è la terza causa di morte nel mondo, rappresentando un rilevante problema economico per i sistemi sanitari, ma anche malattie cardiovascolari, cerebrali e, come è acclarato scientificamente, tumori del polmone e di altri organi. Nel mezzo c’è tutta la fascia di popolazione che può avere questo tipo di problematiche, ovviamente nel soggetto anziano è causa di maggiore mortalità e ospedalizzazione, come pure nei bambini».
Come ci si può difendere dalle polveri sottili? Dalle passeggiate fuori porta, lontano dalle strade cittadine trafficate, all’uso di mascherine professionali, a praticare attività fisica privilegiando parchi pubblici e viali alberati. Queste e altre raccomandazioni valgono soprattutto per i soggetti più a rischio, i bambini e gli anziani, ma sono preziose un po’per ognuno di noi.
Perché l’inquinamento ambientale è un problema che interessa tutti. Ma i consigli su come ci si può difendere dallo smog li illustra il dottor Roberto Prota. Il primo consiglio è: ridurre l’esposizione agli inquinanti ambientali. Ma come è possibile? «Vuol dire soprattutto evitare le strade troppo trafficate perché più si sta a contatto con i tubi di scarico di macchine peggio è».
E ridurre l’esposizione allo smog vuol dire anche prediligere località montane, «ovvero ben lontano dalle strade cittadine trafficate: più in alto si va e più si è distanti dalla concentrazione dello smog cittadino» sottolinea il medico.
Ma se si vive in una città inquinata?
«Se si sta in città è importante evitare strade particolarmente trafficate, per esempio, e per tutelare anche i bambini piccoli evitare di portarli con passeggini lungo viali trafficati».
Le mascherine professionali sono utili dottor Prota?
«Sicuramente sono utili: le professionali hanno filtri che riescono a trattenere anche l’80 per cento del particolato ma sono scomode e poco tollerate da anziani affetti da patologie croniche e dai bambini. Non ha alcuna utilità, invece, la mascherina chirurgica perché non trattiene la micro particella».
Lo sport è meglio praticarlo con buon senso, è il consiglio dello pneumologo torinese. «Per gli amanti dell’attività fisica si consiglia di non fare attività sportiva ai bordi delle strade trafficate ma preferibilmente lungo i viali alberati e nei parchi pubblici.
Poi è importante praticare sport soprattutto al mattino, per esempio intorno alle 8, fascia oraria giornaliera in cui si registra un certo decadi- mento dell’inquinamento ambientale». Infine, in casa è consigliato vivamente il ricambio dell’aria al suo interno, sempre al mattino presto. «I fornelli, il gas, il forno produco- no inquinamento – conclude il dottor Prota -, è prioritario garantirsi un ricambio d’aria per vivere in salute anche tra le quattro mura di casa».
Liliana Carbone
Ottobre 2018