La prevenzione del tumore al seno è un capitolo estremamente ampio e variegato. Se alla domanda “In che cosa consiste la prevenzione del tumore mammario” sembrerebbe semplice rispondere che “consiste nell’eseguire la mammografia con la cadenza biennale in post menopausa, e annuale dai 40 anni in avanti”, in realtà la prevenzione riconosce “opportunità” molto più ampie, come spiega il Dottor Luca Sgrò,oncologo presso la Ginecologia Oncologica dell’Università di Torino presso l’Ospedale Mauriziano “Umberto I” di Torino.
Dottore, quali sono queste ulteriori “opportunità”?
Innanzitutto stanno emergendo dati molto interessanti sulla dieta e sulle abitudini che definiamo “voluttuarie”: fumo e alcol sembrano essere associati più strettamente di quanto non si creda, con un aumentato rischio di tumore mammario, addirittura di più di quanto non lo siano determinati schemi della cosiddetta terapia sostitutiva menopausale, che per molto tempo sono stati ritenuti erroneamente responsabili di tumore insorti tardivamente. A questo proposito, sono presenti oggi degli schemi di trattamento dei sintomi menopausaliche hanno un profilo molto più incoraggiante di quanto creduto finora. Lo stesso trattamento con contraccettivi orali aumenta di molto poco il rischio oncologico. Poi un aspetto che non dovrebbe essere mai trascurato è il rapporto che la donna ha con il proprio specialista.
Ci spieghi.
Già a partire dalla età giovanile, il ginecologo può contribuire ad identificare fattori di rischio, scegliere linee terapeutiche, indirizzare la paziente verso scelte, anche riproduttive, volte a minimizzare il rischio di tumore al seno, che resta una neoplasia molto diffusa, con una incidenza pari a una donna su 8 nella nostra società.
A partire da quale età è utile iniziare la prevenzione?
La visita senologica fa parte della abituale routine della visita ginecologica, quindi la paziente anche in età giovanile viene sottoposta a sorveglianza dal proprio specialista e a lui può rivolgersi tempestivamente in caso di qualsiasi dubbio. Ricordiamo che, per quanto molto rari, non sono del tutto infrequenti casi di tumore mammario ben al di sotto dei 30 anni di età per cui, per lo meno, la palpazione fatta da mani esperte è un elemento che può essere importante già da subito. Per quanto riguarda i protocolli di diagnostica per immagini, fatta salva la popolazione a rischio familiare che comincia molto precocemente ad eseguire la risonanza magnetica mammaria, per la popolazione generale eseguire una mammografia annuale a partire dai 40 anni è già un atteggiamento molto protettivo. Discorso a parte si fa per l’ecografia mammaria, che risulta essere un utilissimo ausilio sia per la palpazione che per la risonanza e la mammografia, e può essere inserito in qualsiasi momento nel percorso diagnostico.
Quanto è importante la diagnosi precoce?
Prima viene identificato il tumore e più alte sono le probabilità di guarigione e meno invasive potrebbero essere le cure successive. Per questo è importante non fidarsi ciecamente dei risultati tranquillizzanti di mammografia o di visita, e riportare comunque, tempestivamente, qualunque sospetto allo specialista di riferimento: anche gli esami più precisi possono sbagliare, e inoltre possono evolvere delle lesioni in modo estremamente veloce. Per questo, in caso di sospetto, è buona norma essere comunque sempre attenti ai segnali che riceviamo dal nostro corpo. La diagnosi precoce è fondamentale, talvolta, nel permetterci di identificare delle lesioni addirittura sul procinto di diventare tumori invasivi, permettendo, in alcuni casi, addirittura di essere completamente risolutivi con l’atto chirurgico. Questo è uno dei motivi per cui le percentuali grezze di sopravvivenza per le pazienti con tumore al seno presentano dati realmente incoraggianti, fino a sfiorare il 90%.
Come viene curato il tumore al seno?
Al giorno d’oggi vi sono molte opzioni terapeutiche sistemiche. Oltre ai trattamenti chemioterapici che hanno sviluppato degli schemi in grado di contenere la temuta tossicità a livelli accettabili, lo sviluppo delle linee di ormonoterapia ha dato dei risultati molto importanti, a fronte di effetti collaterali estremamente contenuti. Questi trattamenti sono stati gli elementi cardine del trattamento del tumore mammario per molto tempo, ma negli ultimi anni vi si sono affiancate terapie nuove ed efficaci.
Ci spieghi.
Da diversi anni l’introduzione di anticorpi monoclonali ha permesso di raggiungere risultati inattesi sulla sopravvivenza. A ciò si aggiungono trattamenti con inibitori CDK che consentono di potenziare la risposta alla ormonoterapia. Un ambito di estremo interesse che si sta sviluppando è l’attenzione nella gestione della salute dell’osso: proprio quest’anno sono stati pubblicati risultati molto confortanti riguardo all’utilizzo di anticorpi monoclonali (denosumab) che agiscono sul riassorbimento osseo e sono in grado di contribuire, in modo importante, alla lotta e al controllo della progressione della malattia. Nei prossimi anni ci aspettiamo ulteriori introduzioni di trattamenti estremamente promettenti. Nello stesso tempo la tendenza a ridurre il trattamento quando non necessario, ha coinvolto l’aspetto chirurgico oltre che quello oncologico: la riduzione dell’impatto dell’intervento, grazie a recenti acquisizioni radioterapiche, permette alle pazienti di sottoporsi alla minima chirurgia indispensabile.
Oggi quali sono le novità nel campo della ricerca, nella diagnosi, in chirurgia e nell’ambito farmacologico?
In ambito diagnostico, grande importanza sta rivelandosi l’indagine genetica, che permette di identificare la popolazione a rischio molto alto, che beneficerebbe addirittura da trattamenti chirurgici preventivi su mammella e a volte su ovaio, anticipando così l’insorgenza di tumori particolarmente aggressivi. Ma anche per la popolazione non a rischio genetico la riduzione della dose di raggi assorbiti con la mammografia e l’introduzione della mammografia digitale, hanno senz’altro modificato in meglio le possibilità diagnostiche.
In ambito chirurgico, invece?
La chirurgia ha visto la riduzione sempre maggiore del ricorso alla dissezione ascellare (intervento di asportazione dei linfonodi dell’ascella), anche in relazione alla conferma del ruolo protettivo importante della radioterapia: di contro la diagnostica ci ha permesso di ricorrere con maggiore frequenza a interventi radicali con la ricostruzione immediata in caso di lesioni diffuse o multifocali. Per quanto riguarda i trattamenti farmacologici, importanti conquiste negli ultimi anni si sono avute sui tumori ormonosensibili, in particolare per quanto riguarda le donne in premenopausa, che adesso possono beneficiare di schemi di trattamento più intensi, più efficaci e più bilanciati. Inoltre, risultati incoraggianti continuano ad arrivare dagli studi che propongono trattamenti prolungati oltre i canonici 5 anni, fino a 10 o in alcuni casi addirittura a 15 anni.
Infine, quale consiglio si sente di dare alle donne?
Fondamentale resta mantenere un ottimo e stretto rapporto con il proprio specialista di riferimento, che è in grado di mettere al corrente la paziente di ogni innovazione nel trattamento in tempi rapidi per ottenerne, quando possibile, il maggiore beneficio.
Fattori di rischio
Incidenza
Mortalità
Sopravvivenza
Prevalenza
(Fonte:vvolume “I numeri del cancro in Italia 2017”, realizzato dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), dall’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM) e dalla Fondazione AIOM).
Da “Nuova Speranza”, il magazine dell’Associazione per la Prevenzione e la Cura dei Tumori in Piemonte – Onlus – 11/2018