<Spero che questo terribile periodo per la nostra Italia si esaurisca precocemente. Ancora una volta abbiamo la dimostrazione che gli operatori sanitari non abbandonano mai l’ammalato>. Sono le parole del dottor Alessandro Comandone, direttore della struttura complessa di oncologia medica all’ospedale San Giovanni Bosco di Torino e membro del comitato scientifico dell’Associazione per la Prevenzione e la Cura dei Tumori in Piemonte.
Davanti a lui, sparsi sulla scrivania i fogli del report settimanale sull’attività medica e clinica oncologica che si sta svolgendo nei tre presidi ospedalieri dell’Asl Città di Torino, il San Giovanni Bosco, il Maria Vittoria e l’ospedale Martini. Un’attività che continua senza interruzioni per garantire la cura e l’assistenza ai malati di tumore. Il suo augurio, di fronte all’emergenza sanitaria in corso, ha il sapore di una grande speranza, il suo ringraziamento a colleghi medici ed infermieri è un grande abbraccio di riconoscimento e stima.
Come detto, l’attività oncologica al San Giovanni Bosco, Maria Vittoria e Martini continua senza interruzioni sia per le terapie ambulatoriali che di day hospital, per le visite presso il centro accoglienza e servizi e per le visite presso i gruppi interdisciplinari di cura. <Fino a data da definire, invece, sono cancellate le visite di follow up per pazienti fuori dalle cure, che possono far pervenire i documenti clinici, soprattutto se con esami anomali, al centro accoglienza e servizi dell’ospedale di riferimento, indicando chi sia l’oncologo curante che valuta gli esami e poi si mette in contatto con la persona per via telematica> spiega il dottor Comandone.
Il day hospital dell’ospedale Maria Vittoria è stato chiuso per dare spazio alla realizzazione di nuovi reparti Covid. <I malati in terapia sono stati cosi suddivisi: per le terapie orali e per le visite presso i centri di accoglienza e servizi (CAS) si devono rivolgere agli ambulatori di via Le Chiuse 66, al primo piano, dove saranno presenti durante l’orario di apertura un medico e tre infermieri. Invece le terapie di day hospital endovena vengono trasferite fino a ritorno alla normalità al day hospital dell’ospedale San Giovanni Bosco>.
In via Tofane ecco come prosegue l’attività. <All’ospedale Martini i medici colleghi sono stati coinvolti nell’assistenza ai malati di medicina non covid ricoverati. Li ringraziamo per lo sforzo di cui si sono fatti carico. Continua l’attività di consulenza a malati provenienti dal altre asl per patologie in cui è riconosciuta la nostra qualifica di Hub quale ospedale di riferimento rispetto al territorio>.
Per quanto riguarda i gruppi interdisciplinari di cura (GIC) continuano tutti la loro attività. <Si richiede di restringere ad un numero essenziale di partecipanti delle specialità più coinvolte, area chirurgica, oncologo, radiologo, infermiere. Il radioterapista garantisce la sua presenza al GIC per via telematica. In questo periodo è opportuno effettuare visite presso il gruppo interdisciplinare cure senza il paziente, metodologia già posta in atto nella gran parte dei casi>.
L’attività di psicooncologia continua inalterata direttamente o per via telefonica in tutte i tre gli ospedali <In questo momento alla condizione abituale di stress del malato oncologico si aggiunge il senso di pericolo e di impotenza nei confronti dell’infezione da coronavirus> prosegue il dottor Comandone.
L’assistenza domiciliare è il settore più in sofferenza a causa dei contatti con pazienti covid positivi. <Attualmente sono ancora in quarantena molti operatori ai quali auguriamo un rientro in attività in tempi brevi, completati gli obblighi di legge. Ciononostante il servizio si mantiene attivo ed efficace, con l’abnegazione dei professionisti ancora disponibili e l’aiuto ricevuto da colleghi specialisti ambulatoriali che hanno chiesto di offrire la loro opera, e su tutti cito il dottor Bertello già primario di cardiologia all’ospedale Cto. Il mio ringraziamento va anche al dottor Livigni come direttore, alla dottoressa Mussetto e al dottor Grosso che continuano a impiantare cateteri venosi anche in questo momento difficilissimo, consentendoci di non interrompere l’attività di day hospital con terapie endovena e infusionali, e ai servizi di farmacia che continuano a preparare i farmaci per le terapie antitumorali>.
Infine, un pensiero va ancora a tutti gli operatori sanitari impegnati nella grande lotta all’epidemia del covid ma che non dimenticano la loro scelta di curare i malati oncologici più fragili che sono curati in casa. <Sottolineo come questi colleghi medici e infermieri siano veramente in prima linea, entrando nelle case di malati con malattia oncologica avanzata, assistiti da parenti e caregiver potenzialmente Covid positivi ma su cui è quasi impossibile effettuare una verifica. L’esposizione è dunque sempre possibile. La protezione con maschere è garantita quotidianamente in questa attività che va incontro alle necessità delle persone più fragili>.
Liliana Carbone
Strategie. In questo momento di grande emergenza sanitaria legata al Coronavirus la parola d’ordine è questa, da adottare nella pratica quotidiana, dal lavaggio delle mani ad assicurare cura e assistenza anche ai malati no Covid-19, cioè agli oncologici, ai cardiopatici, ai malati cronici ai quali gli ospedali hanno dedicato percorsi ben distinti per evitare ogni forma di contagio.
Nella cura e assistenza ai malati di tumore, la Rete oncologica di Piemonte e Valle d’Aosta, diretta daldottor Oscar Bertetto, resta il faro guida per oncologi medici, ematologi e direttori delle radioterapie piemontesi. Il monitoraggio è costante per garantire le prestazioni essenziali ai malati oncologici che sono più fragili di fronte al coronavirus, come ha dimostrato l’esperienza cinese.
Qual è la situazione ad oggi?
L’attività radioterapica piemontese prosegue in sicurezza: a tutti viene effettuato il triage prima dell’ingresso dove sono presenti i disinfettanti per le mani e quasi ovunque possibile dotare i pazienti di mascherine. Si stanno rinviando solo radioterapie la cui efficacia può essere garantita anche nei prossimi mesi, come l’irradiazione mammaria dopo quadrantectomia o il carcinoma prostatico non biologicamente aggressivo. Al momento si possono sostituire le visite di follow up con una telefonata al paziente e in base al colloquio decidere, in presenza di eventuali sintomi o problemi, la visita ambulatoriale. Anche l’attività dei trattamenti medici, sia oncologici sia ematologici, è garantita in tutti i centri della rete.
Come procede il lavoro negli ospedali?
L’emergenza dell’epidemia sta portando a spostamenti di reparti oncologici sia alle Molinette di Torino che al Santa Croce di Cuneo, di day hospital oncologici a Saluzzo nella Asl Cn1 e a Verbania nella Asl Vco per consentire il rapido allestimento di nuovi reparti da dedicare ai ricoveri dei malati infetti sintomatici che non possono essere mantenuti a casa dove erano state impostate le prime terapie in isolamento domiciliare.
Come stanno gli operatori sanitari?
É cresciuto il numero degli operatori della rete risultati positivi al tampone e alcuni di essi purtroppo sono anche sintomatici compresa la presenza della polmonite bilaterale intersiziale che costituisce la più pericolosa evoluzione dell’infezione. Si sta discutendo a livello nazionale tra tutti gli oncologi sulla opportunità di eseguire il tampone a tutti i medici impegnati sul campo anche quelli che non presentano sintomi, per evitare che siano in servizio medici potenzialmente infettanti. Ma insorgono tre problemi.
Quali?
C’è il rischio che l’allontanamento dal lavoro di tutti i positivi al tampone, anche se non sintomatici, porti al pericolo di un collasso del sistema sanitario; il secondo è legato alla periodicità con cui dovrebbe essere eseguito il controllo, non potendosi escludere che l’operatore negativo oggi potrebbe divenire positivo domani. Infine deve essere tenuto in considerazione che tutti i test presentano valori falsi positivi e falsi negativi che nel momento in cui saranno estesi a un sempre maggior numero di soggetti, come suggerisce l’Organizzazione Mondiale della Sanità, causeranno una maggiore presenza di ingiustificate apprensioni e false rassicurazioni. Parrebbe comunque che pure con questi limiti sia un’opzione da perseguire.
Il dramma dell’emergenza in corso si conta nel numero dei contagi e in quello dei morti che aumentano ogni giorno.
Lo sapevamo che sarebbero aumentati i contagiati e purtroppo i morti. Ce lo dicevano i modelli matematici, le curve che indicavano il ritmo di crescita, le conoscenze epidemiologiche sull’andamento delle infezioni virali, le indicazioni dei virologi sulla durata dell’incubazione e le modalità di diffusione. Nel vedere però concretamente indicati quei numeri serali che anche oggi hanno superato il giorno precedente, pensare che dietro ognuna di quelle cifre c’è una persona che vede spenta la sua vita per questa infezione e una famiglia in lutto che ha difficoltà anche a seppellire il proprio caro, ci prende una stretta al cuore, ci pervade mestizia e tristezza, si insinua una sottile inquietudine. Non compiamo però l’errore di passare da momenti di esaltazione collettiva, in cui ci consideravamo il Paese più avveduto al mondo per la correttezza e tempestività dei suoi provvedimenti e per il suo sistema sanitario universalistico ed efficiente, allo smarrimento che non crede più nella capacità delle sue strutture sanitarie, nella oculatezza dei suoi governanti. In realtà in questa situazione, come era prevedibile, si sono viste le qualità e le debolezze del nostro sistema paese.
Ci spieghi dottor Bertetto.
Una sanità che in questi anni si è divisa in venti diverse modalità organizzative, che ora dimostrano la fragilità di tale modello con la confusione e contrapposizione tra soluzioni diverse che cercano di distinguersi per le loro particolarità assumendo talvolta decisioni demagogiche e impedendo di valutare la validità di una unica strategia di intervento. Ognuno fa da sé per poi chiedere l’aiuto del governo centrale quando la situazione scappa di mano. In caso di pandemie che superano tutti i confini, non certo solo quelli regionali, occorre un unico centro decisionale e uniformità di procedure, indirizzi, provvedimenti. Un’altra debolezza è una non sempre efficiente capacità organizzativa, un insufficiente scrupolo nell’adeguarsi tempestivamente alle raccomandazioni, una mancanza di preparazione sugli aspetti che caratterizzano le emergenze sanitarie nel curriculum formativo di molti operatori. Trarremo insegnamenti da questa esperienza. Poi ci sono gli aspetti positivi.
Ovvero?
L’impegno di medici e infermieri ben oltre quanto sarebbe richiesto dai contratti di lavoro, spesso non in condizioni di sufficiente sicurezza; la dedizione dei volontari del trasporto in autoambulanza sottoposti a turni senza sosta, le prime iniziative di raccolta fondi delle tante associazioni di volontariato che indicano la capacità di reazione delle nostre comunità. Bisogna partire da qui, dalle forze vive della nazione; riunire senza polemiche le intelligenze e le esperienze che abbiamo e possiamo mettere in campo. Dobbiamo mantenere la fiducia perché avremo ancora di fronte giorni di grande difficoltà ma ragionevolezza, equilibrio, responsabilità, ponderazione prima di scelte e decisioni, rinuncia al protagonismo mediatico ci aiuteranno ad affrontarli.
La Rete oncologica di Piemonte e Valle d’Aosta come pensa di ripartire dopo questa emergenza?
Si tratta di recuperare l’interruzione di tutta l’attività formativa e di tutte le riunioni organizzative previste in questi mesi. Come ho detto prima, in questi giorni ci sono in alcuni ospedali sale operatorie chiuse, in altri sono stati rinviati interventi complessi per mancanza di appoggio post-operatorio in rianimazione, in altri si sono trasferiti day hospital e reparti di oncologia per avere più letti a disposizione, dovendo gli ospedali mettere a disposizione il 40% o il 25% dei loro letti per i malati infetti, e poi si sono sostituite visite di controllo durante il follow up con telefonate e scambi di mail. Alla ripresa dunque si dovrà riorganizzare la Rete per garantire il più rapidamente possibile i percorsi appropriati per i malati oncologici. Occorre definire precisi cronoprogrammi e assumere rigorose e determinate decisioni. Nello spirito della rete lo si farà con il coinvolgimento di tutti gli operatori coinvolti.
Liliana Carbone