IL PAPILLOMAVIRUS: UN’INFEZIONE A TRASMISSIONE SESSUALE
Conla Professoressa Chiara Benedetto, Direttore della Struttura Complessa di Ginecologia e Ostetricia Universitaria 1 dell’Ospedale Sant’Anna-Città della Salute e della Scienza di Torinoe membro del Comitato scientifico dell’Associazione per la Prevenzione e la Cura dei Tumori in Piemonte e il Professor Mario Preti, ginecologo presso laStruttura Complessa diGinecologia e Ostetricia Universitaria 1 dell’Ospedale Sant’Anna di Torino cerchiamo di capire cos’è il Papillomavirus e perché è importante sottoporsi a screening e a vaccinazione.
L’infezione da Papillomavirus umano (HPV) è l’infezione a trasmissione sessuale più frequente in donne e uomini: la maggior parte delle persone la contrae almeno una volta nella vita. In genere questa infezione non causa alcuna lesione e viene eliminata dal sistema immunitario individuale.
In alcuni casi provoca lesioni benigne e in altri lesioni precancerose che, se non individuate, possono trasformarsi in tumori maligni. Il collo dell’utero è la sede più frequente dell’infezione, delle lesioni precancerose e dei carcinomi causati da HPV.
I tempi di manifestazione delle lesioni sono molto vari (da pochi mesi a molti anni), per cui può essere difficile sapere con sicurezza quando si è contratta l’infezione.
I papilloma sono virus intracellulari e non servono antibiotici, ovuli o lavande vaginali per curare l’infezione. E’ invece essenziale identificare in tempo le alterazioni cellulari provocate dal virus: per questotutte le donne dai 25 ai 65 anni vengono invitate ad eseguire un test di screening (Pap test o HPV test) per il carcinoma del collo dell’utero in modo da ridurne l’incidenza.
Attualmente, oltre allo screening, le donne hanno a disposizione un’arma molto efficace per proteggersi contro l’infezione da HPV: la vaccinazione, che è rivolta anche agli uomini.
«Ci appelliamo a tutti – spiegano la professoressa Benedetto e il professor Preti – affinché si utilizzino al massimo queste due importanti opportunità, lo screening e la vaccinazione, per prevenire il cancro».
LE MALATTIE HPV CORRELATE
I nostri medici: «Si può guarire dalle malattie HPV correlate, anche da quelle maligne. E’ fondamentale una diagnosi tempestiva, la valutazione in un centro specialistico e l’impostazione di un trattamento mirato».
Le patologie HPV correlate sono molte e fanno parte delle malattie sessualmente trasmissibili (MST) in quanto il contagio avviene nella maggior parte dei casi attraverso il rapporto sessuale. E’ rara, ma possibile, la trasmissione su cute o mucosa lesa tramite oggetti, asciugamani, indumenti intimi contaminati con secrezioni genitali.
Le patologie HPV correlate colpiscono sia donne che uomini e spesso sono asintomatiche. L’infezione infatti può anche essere latente e venire trasmessa in assenza di lesioni visibili.
Le lesioni benigne causate da HPV sono rappresentate in maggior parte dai condilomi, che si localizzano prevalentemente a livello dei genitali (pene, vagina, vulva, ano) e più raramente del cavo orale. I condilomi vengono chiamati anche “creste di gallo”, talora provocano prurito, ma spesso sono asintomatici.
Per la diagnosi dei condilomi è sufficiente una visita specialistica presso un Centro MST (malattie sessualmente trasmesse) che permettedi evidenziare le lesioni e impostare il trattamento più indicato per il caso specifico.
Le lesioni precancerose possono colpire vari organi: il collo dell’utero, la vagina, la vulva, l’ano, il pene, la regione perianale e il cavo orale. Potenzialmente si possono trasformare in patologie tumorali maligne.
Per diagnosticare le lesioni precanceroseo i tumori maligni HPV correlatisono necessariaccertamenti specialistici: visita ginecologica, vulvoscopia, colposcopia con Pap test e biopsia per la diagnosi delle lesioni genitali; anoscopia e Pap-test anale per diagnosticare le lesioni anali; visita urologica o dermatologica per le lesioni del pene e visita otorinolaringoiatrica per le lesioni del cavo orale.
I CENTRI DELLE MALATTIE SESSUALMENTE TRASMESSE (MST) IN PIEMONTE
In Piemonte sono presenti 9 Centri MST per la prevenzione, il controllo e la cura delle infezioni sessualmente trasmesse: 3 centri a Torino(presso gli ospedali San Lazzaro e Sant’Anna della Città della Salute e della Scienza di Torino, l’Amedeo di Savoia) e 6 nel resto della regione(Asti, Biella, Cuneo, Novara, Verbania e Vercelli). L’accesso è gratuito e senza alcuna impegnativa medica.
Informazioni sul sito del SEREMI – Servizio di Riferimento Regionale di Epidemiologia per la sorveglianza, la prevenzione e il controllo delle Malattie Infettive: www.seremi.it
Liliana Carbone per Nuova Speranza, Anno 2020, n. 1
Per la prima volta in Piemonte si registra un calo delle nuove diagnosi di tumore. Lo confermano i dati che dicono che nel 2018 sono stati stimati 30.850 casi, 50 in meno rispetto al 2017 (erano 30.700 nel 2016 e 28.128 nel 2015). Il tumore più frequente in Piemonte è diventato quello della mammella: nel 2018 sono stati stimati 4.350 nuovi casi (erano 4.200 nel 2017), seguono il cancro del colon-retto (4.050, erano 4.350 nel 2017), che nel 2017 era il più diagnosticato, e del polmone (3.450, erano 3.500 nel 2017). Circa 280mila cittadini vivono dopo la scoperta della malattia, un dato in costante aumento: la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi raggiunge il 63% fra le donne e il 53% fra gli uomini, in linea con la media nazionale.
È questa lafotografia dell’universo cancro in tempo reale, raccolta nel volume “I numeri del cancro in Italia 2018”, realizzato dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), dall’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM), da Fondazione AIOM e PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia).
Secondo gli esperti è importante agire sui fattori di rischio, perché la quota di casi prevenibili va da un terzo alla metà considerando tutti i fattori di rischio noti. Fondamentale importanza rivestono le strategie di prevenzione primaria contro l’inquinamento di atmosfera, acqua e suolo, le esposizioni professionali, il sovrappeso, l’eccessivo consumo di alcool e di carni rosse, l’abitudine al fumo e l’inattività fisica. In Piemonte il 33% dei cittadini è sedentario (33,6% Italia) e il 36,9% è in eccesso ponderale: il 28,5% è in sovrappeso (31,7% Italia) e l’8,4% è obeso (10,7% Italia). «Serve quindi più impegno anche per promuovere il ruolo dell’attività fisica e della dieta corretta» sottolineail Dottor Paolo Contiero, Consigliere nazionale AIRTUM. «Nel Nord Italia ci si ammala di più rispetto al Sud.Il tasso d’incidenza tra gli uomini è più basso del 4% al Centro e del 13% al Sud e nelle Isole rispetto al Nord e per le donne del 6% e del 16%. Il Registro Tumori Piemonte, primo in Italia e in tutta l’Europa meridionale, collabora in maniera sistematica con le altre articolazioni del Centro di Riferimento per l’Epidemiologia e la Prevenzione Oncologica in Piemonte (CPO), soprattutto nella valutazione dei programmi di screening».
Oltre agli stili di vita sani, anche l’adesione ai programmi di screening è fondamentale nella lotta al cancro e nel miglioramento delle percentuali di sopravvivenza. In Piemonte, nel 2016 il 79,9% delle donne fra i 45-49 anni e il 64,8% delle 50-69enni hanno aderito all’invito a eseguire la mammografia(56% in Italia)e la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi raggiunge l’88%. Per quanto riguarda il tumore del collo dell’utero, il 54,2% delle donne piemontesi 25-64enni ha aderito al programma di screening cervicale(Pap test + test HPV) per la diagnosi precoce (40,3% in Italia). Si registra un alto tasso di adesione da parte dei cittadini 59-69enni anche al test per la ricerca del sangue occulto nelle feci (50,5%), per individuare in fase precoce il cancro del colon-retto (40% in Italia).
«Il primato di incidenza raggiunto dal tumore della mammella nella Regione Piemonte non va letto necessariamente in termini negativi»afferma la DottoressaLivia Giordanodel Dipartimento di Epidemiologia e screening della Città della Salute e della Scienza di Torino.«E’ legato non solo all’invecchiamento della popolazione, ma anche all’estensione dei programmi di screening mammografico alle donne fra i 45 e i 49 anni e all’alta adesione a questi esami che consentono di individuare la malattia in fase iniziale, quando sono più alte le percentuali di guarigione».
Secondo gli esperti, accanto alla diagnosi precoce, l’innovazione terapeutica gioca un ruolo chiave nella lotta contro il cancro. «Se alla fine degli anni Settanta solo poco più di 3 persone su 10 colpite dal cancro riuscivano a sconfiggere la malattia, oggi circa il 60% sopravvive e, quando non si arriva a guarigione, si riesce in molti casi a trasformare il tumore in una patologia cronica con cui poter convivere per anni»spiegail Professor Giorgio Scagliotti, Direttore di Oncologia medica all’Università di Torino. «Da un lato l’innovazione farmaceutica ha completamente cambiato l’esito di molti tipi di neoplasie, dall’altro il costo dei nuovi farmaci oncologici, unito all’impatto sociale della malattia, rischia di compromettere la tenuta economica dei sistemi sanitari.Va creato un tavolo di lavoro che includa i diversi attori coinvolti: agenzia regolatoria, industria, società scientifiche, accademia e pazienti. L’obiettivo è ridefinire il concetto di innovazione: non può essere considerato innovativo un farmaco reso disponibile 3 o 4 anni dopo la prima terapia commercializzata in quella specifica classe terapeutica. Bisogna ragionare in termini di costo e di efficacia delle terapie. Vanno fissate regole nuove rispetto a 10 anni fa».
Le Reti oncologiche regionali rappresentano il modello per garantire in tutto il Paese l’accesso a diagnosi e cure appropriate e di qualità. Oggi però esiste un nodo: in Italia sono attive solo in poche Regioni. «Fra gli obiettivi della Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta ci sonoil superamento delle disomogeneità territoriali, a livello di servizi sanitari e prestazioni erogate, il raggiungimento di standard di trattamento sempre più elevati,la semplificazione dell’accesso alle cure da parte del paziente,l’avvicinamento dei servizi al contesto di vita del malato e lo sviluppo di un’attività di ricerca sempre più all’avanguardia» evidenzia il DottorOscar Bertetto, Direttore del Dipartimento Interaziendale interregionale della Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta presso la Città della Salute e della Scienza di Torino e membro del Comitato Scientifico dell’Associazione per la Prevenzione e la Cura del Tumori in Piemonte – Onlus. «La Rete della nostra Regione, inoltre, è dotata di un sistema di indicatori per il monitoraggio della qualità dell’assistenza da parte delle strutture che ne fanno parte».
Presso le aziende sanitarie della Rete oncologica regionale è attivo il Centro Accoglienza e Servizi (CAS), una struttura di riferimento del paziente in termini di accoglienza, assistenza, orientamento e supporto. Il CAS è composto da personale medico, infermieristico e amministrativo debitamente formato, accoglie la persona con sospetto o prima diagnosi di patologia oncologica e organizza gli esami necessari alla conferma della diagnosi e alla stadiazione in tempi rapidi e in modo coordinato, secondo quanto previsto dai Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA) di ogni singola patologia, supportando il paziente dal punto di vista sanitario, socio-assistenziale e psicologico. «Ogni CAS ha anche uno psico-oncologo e un assistente sociale di riferimento»spiega la DottoressaPatrizia Racca, coordinatore AIOM Piemonte e Valle d’Aosta e responsabile medico C.A.S. dell’ospedale Molinette -. Ogni struttura è in costante comunicazione con gli altri CAS della Rete».
In Piemonte, nel 2015 sono stati 14.391 i decessi attribuibili a tumori maligni, di cui 8.000 uomini e 6.391 donne (ultimo anno disponibile ISTAT). Nella RegionePiemontela neoplasia che ha fatto registrare il maggior numero di decessi è quella del polmone (2.818), seguita da colon-retto (1.614), mammella (1.081), stomaco (669) e prostata (620).
«Sono quasi 3 milioni e 400mila gli italiani che vivono dopo una diagnosi di cancro»spiega la DottoressaStefania Gori, Presidente nazionale AIOM e Direttore del Dipartimento oncologico dell’IRCCS dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria-Negrar. «Èun numero importante che evidenzia il peso della patologia oncologica e lo sforzo continuo per migliorare la sopravvivenza dei pazienti non solo in termini quantitativi ma anche di qualità di vita. Oggi le due neoplasie più frequenti, quella della prostata negli uomini e della mammella nelle donne, presentano sopravvivenze a 5 anni pari a circa il 90%, con percentuali ancora più elevate quando la malattia è diagnosticata in stadio precoce. Risultati sicuramente incoraggianti, che ci spingono a impegnarci ancora di più sia sul fronte della ricerca che della prevenzione».
Da “Nuova Speranza“, il magazine dell’Associazione per la Prevenzione e la Cura dei Tumori in Piemonte Onlus – 2019 – n. 1
Il programma di screening per identificare e controllare i casi di mutazione genetica Brca che possono causare il tumore della mammella e il tumore dell’ovaio sarà potenziato e saranno creati percorsi specifici nei Centri di riferimento della Rete oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta. In più, le visite e gli esami di controllo per le persone sane ma con rischio già accertato dal test genetico saranno d’ora in poi gratuiti: verrà introdotto un nuovo codice di esenzione, che consentirà di non pagare il ticket nelle prestazioni specialistiche.
Sono le novità introdotte dalla Regione Piemonte con una delibera approvata nei giorni scorsi dalla Giunta Chiamparino, con l’obiettivo di migliorare l’individuazione e la sorveglianza dei casi di mutazione dei geni Brca1 e Brca2 nei pazienti sani, che possono dare origine a tumore della mammella e dell’ovaio. “Con questo provvedimento, che per altro accoglie una sollecitazione del Consiglio regionale – spiega l’assessore regionale alla Sanità Antonio Saitta -, la Regione aumenta l’attività di prevenzione e rafforza il programma di screening già effettuato all’interno della Rete oncologica e allo stesso tempo agevola il percorso dei pazienti che vengono sottoposti ai controlli”.
Ad oggi sono circa 1.000 in Piemonte le donne portatrici di mutazioni Brca1 e Brca2 già riconosciute dal test genetico effettuato, ma la stima è che possano essere circa 2.000, con un’identificazione di 180 nuovi casi all’anno.
Le prestazioni specialistiche inserite nel programma dei controlli per le persone con rischio già accertato, per cui verrà attivata l’esenzione dal ticket, prevedono una visita clinica senologica da effettuare ogni sei mesi, una mammografia e una risonanza magnetica da effettuare ogni anno per quanto riguarda la prevenzione del tumore della mammella, e una visita ginecologia e un’ecografia ogni sei mesi per quanto riguarda il tumore dell’ovaio.
Il colon, o intestino crasso, è la parte del canale digerente che segue l’intestino tenue e giunge fino al retto ed è responsabile dell’assorbimento di acqua, vitamine e sali minerali attraverso le strutture intestinali. Nel colon la produzione del muco responsabile della lubrificazione della parete dell’intestino e del retto è operata del tessuto ghiandolare. Il tumore al colon, o tumore del retto, nel caso in cui interessi anche il retto, consiste nella crescita incontrollata di cellule anomale nel tessuto di rivestimento. Le caratteristiche di questo tumore, perché insorge e come si può prevenire le spiega il Dottor Massimiliano Mistrangelo, chirurgo presso il Dipartimento di Chirurgia generale e Specialistica dell’ospedale Molinette della Città della Salute e della Scienza di Torino, diretto dal Professor Mario Morino.
Dottore che cos’è il tumore al colon?
La maggior parte dei tumori del colon originano dalla trasformazione di polipi benigni denominati adenomi, che originano dalle cellule presenti nel tessuto ghiandolare della parete colica. Sono strutture simili a dita che si protrudono all’interno della cavità intestinale e sono relativamente comuni nelle persone di età superiore ai 50 anni. La presenza di polipi di piccole dimensioni non causa nessun disturbo al paziente, per cui è fondamentale la prevenzione, considerata la loro asintomaticità. Il rischio che un adenoma vada incontro ad una trasformazione maligna (adenocarcinoma) è variabile e dipende dal tipo di adenoma. In base alle caratteristiche degli adenomi, varia quindi la terapia o gli esami richiesti. Un adenoma può trasformarsi, nel corso degli anni, in un tumore maligno che può invadere i tessuti circostanti e diffondersi in altre aree dell’organismo (metastasi).
Quali sono i fattori di rischio per questo tumore?
La causa esatta del cancro al colon non è nota ma il rischio di svilupparlo aumenta con l’età, la vita sedentaria e anche fattori di tipo ereditario. Dunque diversi fattori ambientali e comportamentali sono stati associati a un aumento di rischio per il tumore del colon retto. Numerose ricerche hanno infatti dimostrato che le persone che consumano grandi quantità di carni rosse e di insaccati, farine e zuccheri raffinati, poca frutta e verdura sono più esposte all’insorgenza della patologia. Lo stesso dicasi per i fumatori, i forti consumatori di alcolici, le persone in sovrappeso e sedentaria. Contano anche la familiarità e i fattori ereditari in circa un caso su tre. In particolare il rischio può essere aumentato se la patologia è stata diagnosticata in un parente stretto (padre, madre, fratello o sorella) soprattutto se di età inferiore a 45 anni, oppure in più parenti stretti all’interno della stessa famiglia. Ulteriori condizioni di rischio possono essere patologie intestinali, come malattia di Crohn, rettocolite ulcerosa, poliposi adenomatosa familiare e sindrome di Lynch.
Quali sono i sintomi?
Il tumore colon rettale si sviluppa spesso senza segni o sintomi precoci. I sintomi che possono verificarsi sono il sanguinamento (anche rosso vivo), l’alterazione dell’alvo (diarrea, stitichezza, alvo alterno), produzione di muco nelle feci (che può essere anche associato a coliti, prolassi del retto, emorroidi molto voluminose), il tenesmo (ossia il falso stimolo a defecare), il senso di incompleto svuotamento, anemia inspiegabile, dolore addominale, disagi addominali (frequenti dolori per il gas, gonfiore, senso di sazietà e crampi), perdita di peso senza un motivo apparente, costante stanchezza. Questi segni e sintomi possono essere causati dal tumore o da numerose altre patologie o condizioni cliniche. E’ importante parlare al proprio medico curante, partecipare ai protocolli di screening per il tumore al colon o ad esami diagnostici di approfondimento in caso di sospetto.
Come si può prevenire questo tumore?
Attraverso la prevenzione primaria e quella secondaria. La prima consiste nel praticare attività fisica con regolarità, per contrastare peso in eccesso e sedentarietà, e, sul fronte dell’alimentazione, consiste nel limitare le carni rosse e conservate, nel prediligere vegetali, come frutta e verdura (che contengono antiossidanti che proteggono dalla trasformazione delle cellule), cereali integrali e legumi, anche per il loro contenuto di fibra, e bere molto, almeno un litro e mezzo di acqua fuori dai pasti, per aiutare la regolarità intestinale. E’ rappresentata dallo screening. Le più recenti linee guida internazionali raccomandano la partecipazione ai programmi di screening per il tumore colon-rettale a tutte le persone con età superiore ai 50 anni. Lo screening consiste nel sottoporsi al test per la ricerca del sangue occulto nelle feci (test di primo livello) e alla colonscopia totale (test di secondo livello) che è raccomandata dopo i 55 anni.
Ci parli del test per la ricerca del sangue occulto nelle feci.
E’ consigliato dopo i 50 anni, non necessita di preparazione, cioè non è necessaria nessuna dieta particolare prima dell’esecuzione del test o la sospensione dei farmaci ed è privo di rischi. Si è evidenziato che questo test ha ridotto significativamente l’incidenza di tumori avanzati nel colon ed è associato a una riduzione della mortalità per tumore colon rettale di almeno il 20%. Se risulta negativo, il test deve essere ripetuto ogni due anni fino ai 69 anni, per pazienti non a rischio.
E se l’esame risulta positivo?
Su 100 persone che eseguono il test, circa 5 possono risultare positive per la presenza di sangue nelle feci. Questo può essere spesso dovuto a cause non tumorali, come per esempio le emorroidi, ma per accertarlo sarà necessario completare l’esame con un’altra indagine, la colonscopia. Per persone a rischio intermedio di età superiore ai 50 anni l’esecuzione del test è raccomandata ogni anno. Se esiste una familiarità per il tumore colonrettale, potrebbe essere raccomandata l’esecuzione di test di screening anche prima dei 50 anni o anche della colonscopia.
Ci parli ora della colonscopia.
Consiste nell’esplorazione del retto e dell’intero colon con uno strumento flessibile e dotato di una telecamera. Nel corso della colonscopia è possibile rilevare la presenza di polipi, che vengono rimossi durante l’esame e poi inviati all’esame istologico per la loro tipizzazione. Durante la colonscopia è inoltre possibile riscontrare una massa sospetta per tumore, che può essere biopsiata per la conferma diagnostica. La colonscopia virtuale, pur essendo meno invasiva della prima non permette di effettuare l’asportazione dei polipi, né la biopsia di eventuali masse. L’individuazione e rimozione precoce dei polipi, prima della loro trasformazione cancerosa, consente di prevenire lo sviluppo del cancro al colon. Se diagnosticato precocemente, il cancro al colon è curabile al 90%. L’esecuzione della colonscopia è raccomandata ogni 5-10 anni per persone a rischio intermedio di età superiore ai 50 anni.
In che cosa consiste la visita preventiva dell’Associazione per la Prevenzione e la Cura dei Tumori in Piemonte Onlus?
Il paziente viene sottoposto ad esplorazione rettale e al test per la ricerca del sangue occulto nelle feci. Questa visita è molto utile, come quelle che vengono erogate dall’Associazione, non solo per il valore di prevenzione che ha, ma anche perché il paziente viene informato rispetto alla patologia per la quale desidera avere maggiori informazioni.
Come viene curato questo tumore?
La presenza di tumori a qualsiasi stadio richiede la loro rimozione chirurgica e, talvolta, anche dei tessuti circostanti. Altri trattamenti includono la chemioterapia e/o la radioterapia, utili per eliminare eventuali cellule cancerose residue. La terapia mirata (target therapy) è un approccio relativamente nuovo che utilizza farmaci in grado di attaccare specifici target proteici che, di solito, controllono la crescita delle cellule e che sono alterati nelle cellule tumorali. Ad esempio, farmaci come il cetuximab e il panitumimab, attaccano il recettore dell’epidermal growth factor (EGFR). Di solito questo tipo di farmaci presenta effetti collaterali meno pronunciati rispetto alla chemioterapia. Un approccio relativamente nuovo è anche quello dell’immunoterapia, che stimola il sistema immunitario del paziente a riconoscere ad attaccare le cellule tumorali.
TUMORE DEL COLON RETTO
Incidenza
• In Piemonte sono stati stimati, nel 2017, 4.350 nuovi casi di tumore del colon-retto (2.400 uomini e 1.950 donne).
• In Italia sono state stimate circa 53.000 nuove diagnosi nel 2017 (30.000 uomini e 23.000 donne). Sia tra gli uomini (16% di tutti i nuovi tumori) che tra le donne (13%) si trova al secondo posto, preceduto rispettivamente dalla prostata e dalla mammella.
Mortalità
• In Piemonte i decessi per carcinoma del colon-retto sono stati 1.601 nel 2014 (ISTAT, ultimo anno disponibile).
• In Italia nel 2014 sono stati osservati 18.671 decessi (di cui il 54% negli uomini), neoplasia al secondo posto nella mortalità per tumore (11% nei maschi, 12% nelle femmine).
Sopravvivenza
Il carcinoma del colon-retto presenta una prognosi sostanzialmente favorevole. La sopravvivenza a 5 anni in Piemonte è del 64%, in Italia del 65%.
Prevalenza
• In Piemonte i pazienti con pregressa diagnosi di carcinoma del colon-retto sono 38.237 (anno 2015).
In Italia (anno 2017) sono 464.473(53% maschi), al secondo posto tra tutti i tumori e pari al 14% di tutti i pazienti oncologici.
(Fonte: volume “I numeri del cancro in Italia 2017”, realizzato dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), dall’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM) e dalla Fondazione AIOM).
Da “Nuova Speranza”, il magazine dell’Associazione per la Prevenzione e la Cura dei Tumori in Piemonte – Onlus – 11/2018